04/02/2014 08:54
IL ROMANISTA (D. GALLI) - Quando se n’è andato, gli ha lasciato tante cose. Ritagli di vita, innanzitutto. «Cuore, sudore, onore. Ciò che mi avete chiesto vi ho dato... e con il vostro amore mi avete ripagato». S’è comprato apposta una pagina de Il Mattino, il giornale di Napoli, il giornale dei napoletani, s’è comprato un foglio di carta per riepilogare in poche righe quello che per l’uomo Morgan e per il giocatore De Sanctis aveva rappresentato Napoli. Il Napoli. «Per me sarà una sfida diversa dalle altre. Gli ultimi quattro anni sono stati intensissimi», confessò lo scorso ottobre, prima della sua prima volta da ex. La Roma veniva da sette vittorie di fila, ballava da sola in cima alla storia, il Napoli veniva all’Olimpico, De Sanctis difendeva gli altri pali. Quelli della Roma. Stesso campo, stesso copione, domani il passato torna a bussare alla porta di Morgan. Rara e meravigliosa razza, quella dei De Sanctis. Dovevate vederli, dovevate vedere la Roma e la Curva quando la Roma e la Curva non le inquadravano più, quando le telecamere s’erano spostate sugli altri campi, quando De Marco s’era finalmente convinto che l’esondazione dell’Olimpico poteva bastare, troppa pioggia, troppo assurdo, troppo sbagliato proseguire.
Tutti dentro, tutti negli spogliatoi. Poi il colpo di scena, si fa per dire. La Roma che torna, la Roma che scarica sull’acqua le tossine del mancato incontro, la Roma che corre da una parte all’altra, dalla Nord romanista alla Sud. Accade poi qualcosa, qualcosa di incredibile, qualcosa che si vive come si gioca da inizio stagione. Accade che si ripete un atto d’amore tra la Curva e la sua squadra, Florenzi chiama la Sud, Maicon la sobilla, urla al cielo, invoca l’ennesimo boato. Eccola la magia, eccola, eccola la magia della Roma che scivola ai piedi della Sud, che ride, gioca, scherza con la sua Curva fracica di pioggia, innaffiata da quell’amore che questa Roma coltiva dentro. È la Roma dei De Sanctis, degli uomini Rudi, dei giocatori che come Morgan hanno capito cosa chiedeva la Curva, la Sud, la Nord romanista, la tifoseria della Roma dopo il 26 maggio. Pretendeva la resurrezione, chiedeva che la Roma affamata non fosse solo uno slogan da campagna abbonamenti, ma un pensiero fisso, l’1 fisso all’Olimpico come risultato di una filosofia precisa. Si gioca come si vive, Burdisso viveva così e infatti la Sud non l’ha dimenticato.
Non si dimentica nessuno di questa Roma, neppure Borriello che in un’altra Roma era quello del «ho fatto ventincinquemila gol» e ora è quello delle 10 vittorie, del record genuino. Garcia ha ragione, non dovrebbe accadere che qualcuno di questi giocatori debba andare via, perché è troppo familiare il quadro che s’è creato. Mamma Roma è la grande casa di sorella Curva e sorella squadra, perché questa squadra è un’alchimia perfetta, questa squadra non è più solo altri dieci più Totti, ma dieci De Sanctis più Totti. Non sono calciatori, ma ultras della tattica, perché vanno oltre, perché onorano la maglia, inseguono il tricolore col sole dentro, con la Sud che li esalta e li abbraccia, con la Sud fracica e innamorata. Sono un tutt’uno. Sono la Roma.