Cori sull’Heysel, e Lichtsteiner litiga con i tifosi della Fiorentina

21/03/2014 09:53

GASPORT (A. GOZZINI) - Era tutto perfetto: l’Europa guardava uno stadio colorato, coperto dalle bandierine bianche, rosse e viola, sul prato due squadre coraggiose e un arbitro rispettatissimo. Era stato tutto perfetto: a quest’incrocio ci si era avvicinati con il pranzo della pace tra Andrea Della Valle e Andrea Agnelli, colleghi presidenti. L’Europa guardava, e ascoltava. Grande sostegno ai viola, grandi fischi ad Agnelli e agli altri dirigenti juventini scesi in campo per seguire il riscaldamento del gruppo: visto quello che poi si dovrà raccontare, niente di che. Fischi (e qualche insulto) al rivale che incute timore.

Liverpool Era, o forse sembrava, tutto perfetto: Pepito era arrivato fin qui da New York, poi apparso in campo prima del via a ricambiare il saluto del tifo. La gente gridava il suo nome e lo salutava con un affetto concreto. Sembrava tutto perfetto: i tifosi bianconeri intonano un ironico «Salta con noi Giuseppe Rossi»: Pepito non è solo viola, è il talento che tutti aspettano in azzurro. Ma la vera manifestazione di idiozia c’era stata prima della sfilata del campione sfortunato. Il coro «Amo Liverpool», quello che allude alla tragedia dell’Heysel, cantato da gran parte della curva Fiesole. Dalla solita zona un altro coro becero alludeva al passato dramma personale del bianconero Pessotto. Ritornelli di stupidità. Poi anche gli ospiti hanno voluto alzare il livello di inciviltà: rieccoci con gli insulti antisemiti.

Caso Lichtsteiner Sembrava tutto perfetto, anche alla fine. La curva viola omaggiava gli sconfitti con grandi applausi: bello, insolito. Sembrava tutto perfetto ma non lo era, e nel finale si scopre l’inganno: la festeggia con i tifosi sistemati nel settore ospiti, poi la squadra esce, sfila tra i fischi, e succede che alcuni giocatori bianconeri applaudano (ironicamente?) il pubblico fiorentino. Poi ecco Lichtsteiner: braccia aperte, i due indici puntati verso la Curva Fiesole, e la mano che dondola, nel gesto di «andate a casa». Evitabile la provocazione, orribile la reazione, partita da parte della curva ma sempre ben udibile: ritorna il coro sull’Heysel, quello che chiama direttamente in causa i 39 morti di Bruxelles. L’esterno spiegherà: «Non ho fatto alcun gesto dell’ombrello, ho solo fatto il segno di andare a casa. Ho passato tutto il riscaldamento a sentire insulti a me e a mia madre, alla mia famiglia. Quando è finita, ripeto, ho fatto il gesto di andare a casa. Questo per la precisione, sono uno svizzero io». La aveva parlato anche di tifosi che, nel riscaldamento, gli avevano augurato di morire. Sembrava, ma non lo era, tutto perfetto.