Destro, il regalo più grande

21/03/2014 09:24

IL ROMANISTA (V. META) - La giornata è cominciata con gli auguri di famiglia e amici, a Trigoria lo aspettavano quelli di compagni e staff, tanti abbracci ma niente torta perché la partita incombe e la dieta non permette strappi. Quanto al regalo per i suoi ventitré anni, Mattia è disposto ad aspettare fino a domani sera, per spegnere le candeline con il balletto rituale sulla bandierina del calcio d’angolo.

È un compleanno di grandi speranze, quello del giovane attaccante, in odore di conferma dal primo minuto domani sera al Bentegodi e intenzionato a fare di tutto per conquistarsi un posto sull’aereo per il Brasile. Escluso dell’ultimo momento all’Europeo 2012, quando Prandelli gli preferì l’amico (salvo poi non fargli giocare nemmeno un minuto), dopo aver rischiato di essere il sostituto di Osvaldo alla Confederations Cup la scorsa estate, sa che il sogno Mondiale passerà necessariamente attraverso un finale di stagione di alto livello nella Roma.

Ironia della sorte, ad aiutarlo a scalare le gerarchie del ct potrebbe essere proprio : lo show contro l’Udinese sembra aver convinto che un tridente che li comprenda entrambi non solo è possibile (questo lo sapeva già), ma può essere riproposto dal primo minuto magari già domani sera. D’altra parte, la convivenza ha il gradimento di entrambe le parti: «Io e Francesco insieme abbiamo fatto due partite, sei punti e cinque gol - diceva lunedì sera -. C’è altro da dire?». In effetti no, non c’è. E chissà che non sia questa, la svolta di fine stagione, capace di togliere punti di riferimento alle difese che, dopo un girone e mezzo, cominciano ad aver capito come venire a capo dei movimenti dell’attacco della Roma.

Rientrato a dicembre dopo sei mesi in cui a un certo punto ha temuto perfino che la sua carriera fosse a rischio, Mattia ha voglia di riprendersi con gli interessi tutto quello che la sfortuna gli ha tolto. I numeri dicono che fin qui ci sta riuscendo piuttosto bene: sette gol in tredici partite, coincise con sei vittorie e un pareggio (a San Siro con il Milan). Numeri che da soli zittiscono le critiche di chi ultimamente lo ha rimproverato di scarsa concretezza, forse dimenticando che una media di 0,53 gol a partita (uno ogni due gare) non sono in molti ad averla (è la stessa di Higuain, che però ha battuto quattro rigori).

Volendo fare una proiezione, per farebbero ventuno reti in trentanove gare, la Serie A ne ha solo trentotto, ma basta a rendere l’idea di quello che potrebbe essere e probabilmente sarà: un attaccante da venti gol a campionato. Domani a Verona ritroverà l’avversaria del suo esordio da professionista, quel 12 settembre 2010 in cui recapitò un biglietto da visita a chi ancora non lo conosceva (e non erano in pochi, considerando che con l’Inter non si era mai affacciato in prima squadra) fulminando Sorrentino dopo soli cinque minuti. Tre anni e mezzo dopo, sono cambiate tante cose, dal colore della maglia in giù. Il senso del gol, però, è sempre lo stesso. E magari ora che ha un anno in più, è pure aumentato.