01/03/2014 11:16
SPORTWEEK (A. CRUCIANI) - Entra timidamente nello studio del fotografo seguito da uno sguardo incuriosito. L’abbigliamento è casual, jeans e maglioncino nero. Pochi minuti e parecchio gel sui capelli dopo si ritrova catapultato sul set, sicuro nel suo smoking elegante Dolce&Gabbana, sorridente e totalmente a suo agio. Fissa l’obiettivo tranquillo: per una volta l’uomo davanti a lui non è un portiere da inflzare ma un fotografo. La mattinata da modello a Milano è una distrazione che diverte Mattia Destro. Finalmente l’attaccante della Roma può anche concedersi qualche svago ora che il peggio è alle spalle. Sono stati un incubo quei mesi lontano dal campo. Non ne poteva più della battutina “Destro fermato dal ginocchio sinistro”. Finalmente, a dicembre, Babbo Natale arriva in anticipo e gli regala il ritorno in prima squadra. Contro la Fiorentina entra al 13’ del secondo tempo, nove minuti e viene travolto dai suoi compagni: ha appena segnato. «Dopo otto mesi in cui non puoi allenarti, non puoi scendere in campo, la cosa che ti manca di più è la partita, giocare. È quello che ami fare. Il mio è stato un rientro gradualemaquando mi sono visto tra i convocati mi sono detto “ce l’ho fatta, sono rientrato”. E ho fatto subito gol, bellissimo».
Ora è anche il capocannoniere dei giallorossi, con 6 gol in 10 partite giocate. Ma quella rete l’ha dedicata a tutti quelli che le sono stati vicino, alla faccia di chi invece l’ha delusa. Con chi ce l’aveva?
«Non direi che mi ha deluso qualcuno in particolare, sono piuttosto diffidente e attento a scegliere le amicizie. Fatico a fidarmi delle persone. Se le cose prima andavano in un determinato modo, dopo l’infortunio si sono complicate. Mi sarei aspettato non dico più affetto, ma più pazienza. È la vita e in questi momenti riesci a valutare meglio tante cose».
Pensava di tornare al gol subito?
«Quando sono rientrato, conoscevo bene le qualità della squadra, si erano viste. La Roma sta facendo un campionato straordinario. E, da attaccante, scendo in campo ogni volta determinato a fare il mio dovere, cioè il gol. Quella domenica sono entrato con lo spirito giusto, con la voglia di giocare dopo otto mesi e con la speranza che ti capiti la palla giusta da buttare in rete».
Qual è l’aspetto più bello di questa Roma?
«A parte le singole qualità del mister e di noi giocatori, è il gruppo. È una squadra che va avanti tutta insieme e ognuno insegue lo stesso obiettivo».
C’è un’altra squadra, la Nazionale, che sta cercando gol italiani…
«Ho sempre detto che il Mondiale è il sogno di chiunque faccia il mio mestiere. Se si domanda a un giocatore cosa desidera con tutte le sue forze, oltre a vincere trofei, risponderebbe “partecipare a un Mondiale”. Ci si spera sempre».
In attesa di scoprire se il c.t. Prandelli scommetterà sui suoi gol in Brasile, vediamo tutto quello che di “mondiale”, inteso come pazzesco o memorabile, le è capitato finora, sia in campo che fuori. (scherzando)
«Anche fuori? Non farmi litigare con la mia fidanzata, però».
Ci mancherebbe. Iniziamo dal gol che ha segnato finora e che le piacerebbe ripetere in un Mondiale.
«Per l’emozione, per la felicità, per tutto insomma direi proprio quello alla Fiorentina. C’erano tante sensazioni, dalla rabbia alla gioia».
Si è mai detto: "Oggi ho giocato una partita mondiale”?
«Sono tutte partite pazzesche quando faccio gol. Se non segno allora guardo anche alla prestazione. In coppa Italia l’anno scorso ho firmato una doppietta contro l’Inter. Anche quella volta ero appena rientrato da un infortunio».
Un allenatore mondiale? (ridendo)
«Così mi metti in difficoltà. Posso dire che il più bravo è quello che fa della sua squadra un vero gruppo».
E il giocatore che sarà il simbolo del torneo in Brasile?
«Per non far torto ai miei compagni, non farò i nomi degli azzurri. Neymar sarà il protagonista. Ma sono certo che farà benissimo anche Maicon».
Una sua papera colossale?
«Il gol che ho sbagliato contro il Catania. Ero solo sulla linea di porta quando mi è arrivata la palla, il portiere si è buttato dall’altra parte ma io ho tirato fuori».
Un colpo di fortuna? (ci pensa un po’)
«Sicuramente aver potuto realizzare il mio sogno passando a 13anni da Ascoli alle giovanili dell’Inter. Ho conosciuto persone importanti che sono ancora al mio fianco».
Come andò?
«Sapevo che, nonostante stessi lasciando casa così piccolo, non avevo la certezza di diventareuncalciatore di successo. Ci provano in tanti, ma pochi ce la fanno. Però dissi deciso ai miei: “Voglio provare a realizzare il mio sogno”. La famiglia mi ha appoggiato subito».
E una sfiga mondiale?
«L’infortunio. Non è stato gravissimo ma mi ha tenuto lontano tanto dal campo. Non potevo allenarmi, dovevo interrompere l’attività fatta per anni e ricominciare è sempre dura. Ero appena entrato nel giro della Nazionale, oltretutto».
Una litigata mondiale?
«Noooo, sono un tipo tranquillo».
Ma come? Lei ha fama di litigare con tutti gli allenatori.
«Quella è una mezza verità. Nella maggior parte dei casi ho avuto un rapporto bello con i miei tecnici e non mi sono mai preso a parolacce».
Con Garcia ci sono già stati attriti? (scherzando)
«Non ne ho ancora avuto tempo, in fondo è da poco che sono rientrato in squadra!».
Amicizie mondiali?
«Non ho moltissimi amici, ma i migliori sono quelli di Ascoli».
Una cotta super? (preoccupato dalle conseguenze della risposta, il matrimonio è previsto a settembre)
«Prima della mia fidanzata non ho mai preso cotte per altre ragazze».
Allora una fidanzata mondiale?
«Ludovica, stiamo insieme da un anno e 5 mesi. È mondiale perché mi completa».
Una notte mondiale?
«Doveva essere quella del 26 maggio nella finale di Coppa Italia. Ma è diventata un disastro mondiale».
E la notte mondiale, Berlino 2006?
«Ho festeggiato con tutti i miei amici fino all’alba per strada con le macchine… sulle macchine. Eravamo al mare, a San Benedetto del Tronto. Ci siamo buttati in acqua».
Una gioia e un dispiacere?
«Per me è una gioia poter giocare a calcio. Mi reputo un privilegiato perché posso fare come mestiere quello che sognavo fin da bambino. Sul dispiacere devo ripetermi: la finale persa contro la Lazio. Me la porterò dietro per tutta la vita».
Un film?
«L’ultimo samurai, con Tom Cruise. Mi piace la cultura di quel popolo».
E una canzone?
«Un tempo, prima delle partite, ascoltavo sempre Jennifer Lopez, poi mi hanno criticato molto e ho dovuto cambiare! Ora la mia preferita è 'E tu davanti a me', ma non ricordo l’autore (Erminio Sinni; ndr)».
Una cazziata mondiale? (sorride alzando gli occhi al cielo)
«Gli allenatori sempre mentre gioco, ma non ascolto, allo stadio si sente poco».
Una bugia?
«Da ragazzino era un classico dire che andavo a scuola e invece scappavo a giocare a pallone!».
Una figuraccia mondiale?
«Troppe. Ora mi viene in mente quella volta che sono tornato a casa, era tutto bagnato e sulla discesa sono scivolato. Una botta mostruosa!».
Un viaggio o una vacanza?
«Quest’estate a Mykonos con Ludovica. Siamo stati benissimo».
Un’interrogazione?
«A scuola sono sempre andato bene. Una volta in storia sono tornato al posto che ero contentissimo. Avevo preso sette e mezzo».
Sette è mezzo è un buon voto ma non mondiale.
«Ammazza, a scuola è un ottimo voto».
Ha mai pensato "se va così, è come vincere un mondiale”?
«Quando giocavo all’Ascoli pensavo che se fossi finito nelle giovanili di qualche squadra importante sarebbe stato il massimo».
Allora l’ha vinto il suo Mondiale?
«Sì, sono diventato un professionista. Però non ho smesso di sognare»