07/03/2014 08:34
GASPORT (F. CENITI) - Il sole si nasconde dietro San Pietro, un arancio intenso illumina il pomeriggio romano. Ci sarebbe da starsene fermi ad ammirare la grande bellezza, ma siamo nella stanza di Marcello Nicchi (sesto piano della nuova sede Aia, due passi da via Veneto) per parlare di arbitri. Il panorama può attendere. L’ultima domenica ha riportato un po’ di serenità dopo giorni di roventi polemiche. Ma la bufera, provocata soprattutto da un rigore non visto e una espulsione non data contro la Juve, dal referto di Gervasoni dopo Parma-Fiorentina e dalle proteste dell'Inter per il fallo ignorato in area su Icardi, ha gettato sul campionato la solita acqua: si grida al complotto, i club chiedono «rispetto » e «spiegazioni», l’immancabile appello alla moviola in campo. Nulla di nuovo. Accade ogni anno, appena il campionato entra nella fase decisiva. Ma rispondere e spiegare è sempre utile: per una volta Nicchi torna a «fischiare».
Presidente, è vero che non ammettete mai gli errori?
«Mi verrebbe da sorridere. Siamo sempre pronti a riconoscere i nostri sbagli. Le dico di più, abbiamo il compito e il dovere di farne il meno possibile, di migliorarci. Ma per quanto saremo bravi, una cosa posso garantirla: le sviste ci saranno sempre. Altrimenti non saremmo umani. Forse ci scambiate per dei robot...».
Questo no, però alcuni errori fanno più scalpore di altri.
«Gli episodi clamorosi sono 45 a stagione. La norma in tutti i Paesi. Anzi all’estero sono di più, solo che c’è una cultura diversa e questi argomenti sono liquidati in un paio d’ore. Si preferisce parlare di calcio giocato, tattica e allenamenti. Mi pare che anche Prandelli abbia lanciato un allarme simile. Ma forse è comodo alzare un polverone, accusando gli arbitri ».
A che cosa allude?
«Semplice, l’arbitro non ha tifosi. Se qualcuno vuole spostare l’attenzione sul flop della propria squadra, sa bene che basta parlare di noi. E’ un facile alibi, fa presa sull’opinione pubblica. Si parla di complotti, sudditanza, errori a comando e altre banalità simili. E si mascherano i limiti. Ecco perché parlo di cultura sbagliata: non si cambia in un amen. Bisogna partire dalle scuole, spiegare che l’arbitro fa parte del gioco, sbaglia come un attaccante. Va semmai aiutato, perché compie una sorta di missione. E non parlo di chi dirige in A, ma dei ragazzi che ogni settimana vanno in giro per le periferie e consentono lo svolgimento di tutti i campionati. Sa che nella scorsa stagione ci sono state oltre 600 aggressioni? Giovani picchiati per un rigore. Le sembra normale?».
Ma quel rigore su El Kaddouri, lei l’avrebbe dato?
«Per giudicare bisogna stare in campo, guardando la tv è semplice. Certo, al terzo replay scopri il contatto, ma Rizzoli ha deciso in un secondo».
Allora perché non aprire alla moviola in campo?
«Oh, eccola qui la domanda. Bene, così facciamo chiarezza. Gli arbitri applicano il regolamento, mica lo facciamo. Sulla tecnologia a essere contrari sono Ifab, Fifa e Uefa. Punto. E se vogliamo dirla tutta la richiesta della moviola in campo è una mania italiana: alle altre Federazioni interessa poco o nulla. Per il discorso che facevo prima: modo diverso di vedere il calcio. Se vuole la mia opinione, dico che può andare bene per il gol non gol, ma sono più utili i giudici di porta. Faccio un esempio?».
Prego..
. «Da quando li abbiamo introdotti, in A sono spariti i casi di gol fantasma: prima erano 56 a stagione. In B, dove per ragioni economiche non ci sono, abbiamo dei problemi, come accaduto a Cesena. Senza contare che gli addizionali sono di supporto all’arbitro anche per altre situazioni. Ecco perché la considero una novità importante, senza aver snaturato il calcio».
E’ la filosofia Platini...
«Concordo: sbagliati i paragoni con altri sport, senza contare che alcuni episodi la moviola li esaspera, senza risolverli. Già ora la tv fa pericolose differenze, incidendo in modo pratico»
A che cosa si riferisce?
«Prendiamo Roma-Inter. In campo l’arbitro e i suoi collaboratori non hanno visto degli episodi. Un errore, certo. Ma sono situazioni particolari, in mischia. Nessuno aveva protestato per il pugno di De Rossi. Poi alla fine del primo tempo la tv lo svela. Accade perché ci sono 25 telecamere. Domanda: per Chievo-Sassuolo quante sono? Otto, forse 9. Quindi è probabile che qualche calciatore sia riuscito a farla franca perché gioca in una squadra considerata non importante. Due sono stati squalificati, altri no. La facciamo una riflessione?».
Magari se i giocatori evitassero certi gesti...
«Certo, anche qui è questione di cultura. Chi simula all’estero è fischiato, da noi vedo campioni che si lasciano cadere al minimo contatto. Ecco, vale la pena ricordare che il calcio è uno sport di contatto: non tutti sono falli».
Ha parlato con i dirigenti di Inter e Fiorentina?
«Con me non si sono fatti vivi. Le proteste? Lette sui giornali, ma noi siamo qui: basta chiamare alla Federazione e daremo tutte le risposte tecniche che vogliono. Di più: ogni settimana possiamo mandare un arbitro nei ritiri delle squadre. Giusto designare Gervasoni come addizionale in Milan-Juve dopo le polemiche di Parma? La domanda fa fatta a Braschi, ma se lo ha schierato riteneva corretto farlo. E ha avuto ragione. L’Inter senza rigori? E’ un caso, oppure credete che andiamo in campo con il bilancino per equilibrare le statistiche. Certo, possono esserci stati degli errori, ma finisce qui. Quando sono arrivato c’erano le macerie di Calciopoli. Adesso sono orgoglioso di aver ridato trasparenza e autonomia al mondo arbitrale».
Ad Abodi, presidente della Lega B, non piace la divisione i due della Can.
«Si poteva risparmiare certe critiche, non era il momento. Poi, alcuni cose dette sono condivisibili, altre non sono di sua pertinenza: decidiamo noi i criteri di dismissione».
Braschi a giugno lascia dopo 4 stagioni.
«E’ un ragazzo leale e scrupoloso. Ha lavorato in crescendo: la sua squadra domenica gli ha dedicato la “vittoria”. Non era facile dirigere bene dopo le polemiche. Sono stati bravi a dimostrazione della qualità di un gruppo invidiato all’estero e richiesto in continuazione. Non a caso abbiamo 10 internazionali e Pierluigi Collina designatore Uefa».
Il dopo Braschi è deciso?
«Non arriveremo a giugno con le mani in mano. Abbiamo ottime risorse interne, come Farina e Messina. Rosetti? L’ho voluto io alla Can B, conosco il suo valore. Verso di lui non c’è nessuna preclusione: è andato in Russia magari mettendoci un po’ in difficoltà, ma la sua crescita è indiscutibile. Sarebbe sbagliato non considerarlo per quelle dimissioni. Ripeto: nessuna preclusione».
Al Mondiale tifa Italia o Rizzoli?
«Italia, ci mancherebbe. Se poi la Nazionale dovesse uscire, facciamo corna, allora Rizzoli ha le carte in regola per giocarsi la finale. Il rammarico è non aver avuto anche Rocchi, ma lì alcune decisioni sono politiche».
Presidente, pensa a un terzo mandato?
«Lavoro giorno per giorno: il 2016 è lontano e ci sono tante cose da fare. Poi alle malelingue rispondo: l’Aia adotterà i sistemi elettorali della Figc. Come logica impone. E sono comunque convinto: l’Aia sarà sempre in buone mani, gli anni bui sono per fortuna un brutto ricordo».