08/04/2014 11:32
CORSERA (G. SANTUCCI) - Voci dall’interno. Primo, l’anonimato. E poi la domanda. Quella fondamentale: quale è, secondo lei, il livello di match-fixing (risultati combinati) nel mondo del calcio? Quasi uno su cinque, 17 per cento, riconosce che è un «problema gravissimo che già altera» i campionati. Partite truccate, falsate. Un altro 30 per cento ritiene che sia una questione «seria, destinata a condizionare sempre più il mondo del calcio ». Così hanno risposto 283 calciatori di Serie B, cioè quasi tutti, nella prima indagine organica sul tema mai realizzata in Italia.
La conclusione dei ricercatori è chiara: «La corruzione nel calcio appare come una patologia conclamata. Endemica». E il rischio che le partite vengano combinate non è un’eventualità, più o meno remota. Per i calciatori è un fatto vissuto come quotidianità. È da qui, dal riconoscimento del rischio, che la Lega di Serie B sta lanciando una vasta operazione di contrasto. La novità più importante: dalla prossima stagione sarà introdotto un «difensore civico » del campionato. Una figura alla quale calciatori, allenatori e dirigenti potranno rivolgersi per segnalazioni, consigli e accompagnamento nel gestire situazioni a rischio. Un organismo del genere esiste per ora soltanto nel calcio tedesco. E sta funzionando.
Il titolo dell’inchiesta è questo: «Il Match-Fixing in Italia: un’indagine conoscitiva ». Rientra in un progetto della Commissione europea. Nel nostro Paese l’ha realizzata Transparency International, la più importante organizzazione al mondo per l’analisi e il contrasto della corruzione. Hanno partecipato l’università Cattolica di Milano (con la docente Caterina Gozzoli), la Lega di Serie B e l’Associazione italiana calciatori. E forse la riflessione chiave sui primi risultati, di cui si discuterà oggi in un incontro a Roma con il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete e il vicecapo della polizia Francesco Cirillo, è quella di Paolo Bertaccini Bonoli, coordinatore del progetto per l’Italia: «Ci saremmo aspettati una maggiore ritrosia; all’inizio pensavamo di dover ponderare i dati, per una prevedibile tendenza a negare. Invece il riconoscimento del problema è emerso con fragorosa rilevanza. Ed è evidente che deriva da situazioni vissute, da una sorta di consapevolezza maturata sul campo». È il tema chiave: presa di coscienza. Di una patologia che esisteva negli anni Ottanta con il «totonero» e che s’è riproposta con le calciopoli contemporanee.
Per questo, con i metodi della ricerca sociale, ai calciatori è stato chiesto quale sia il grado di «reale probabilità di potersi trovare, anche involontariamente, coinvolti in situazioni di partite combinate». Per il 10 per cento la possibilità è elevata; per il 42 per cento il pericolo è di livello medio. Anche qui: la maggioranza dei giocatori ritiene tutt’altro che marginale l’eventualità di incappare in un episodio di corruzione. Commenta Bertaccini Bonoli: «Bisogna però considerare anche gli elementi che indicano un cambiamento di mentalità. È significativo che gli organi di governo del calcio, anche attraverso la collaborazione con Transparency, stiano avviando una fase di approfondimento e contromisure». Corsi di formazione. Rafforzamento del codice etico. E poi un accordo assai simbolico. Proprio la Lega di Serie B e l’organizzazione anticorruzione hanno chiuso un protocollo di collaborazione con lo «sportello legalità» della Camera di commercio di Palermo. È il punto di riferimento per gli imprenditori a rischio di pressione mafiosa ed estorsione: sarà aperto anche ai calciatori e ai responsabili delle squadre.