01/04/2014 09:36
IL TEMPO (F. BOVAIO) - Dopo l’ormai abitudinale tempesta arbitrale del fine settimana arriva l’altrettanto consueto sereno dell’Aia del lunedì. Neanche la pantomima di Rizzoli in Sassuolo-Roma ha scosso i vertici arbitrali. «In Italia sempre polemiche - il loro pensiero - anche quando la decisione è giusta, come in questo caso, si finisce a parlare di una situazione strana. Ma si preferiscono le cose fatte bene oppure no?». Dunque non conta la procedura a dir poco anomala adottata da Rizzoli di chiedere cosa è successo al giocatore interessato. Non contano i quasi cinque minuti di interruzione per stabilire se era rigore o meno (ha ragione Garcia, quando dice che con la moviola si sarebbe fatto prima). E non conta nemmeno l’ennesimo errore di un arbitro addizionale, Peruzzo, che si somma, ad esempio, a quelli commessi a Napoli da De Marco (che domani arbitrerà Roma-Parma), che da addizionale fece dare due rigori che non c’erano agli azzurri contro il Torino.
Ormai il gioco veloce e l’eccessiva discrezionalità data agli arbitri in situazioni complicate come i fuorigioco o i falli di mano richiedono più l’occhio elettronico che quelli umani di cinque arbitri, tutti portati a vedere la stessa azione da prospettive diverse. Così Peruzzo vede uno sgambetto di Benatia a Sansone che non c’è, mentre Rizzoli ha solo la percezione di una maglia tirata. E così si crea una gran confusione.
L’arbitro non può restare l’unico a non sapere in tempo reale se ha deciso bene o male, magari già sul campo, come è capitato recentemente nella serie B francese subito dopo la fine di una partita del Cannes, con i giocatori che lo circondarono per fargli rivedere sul telefonino l’errore che aveva appena commesso. Di fronte allo strapotere della tecnologia che stiamo subendo l’arbitro non può nulla. E visto che il calcio si gioca per far divertire i tifosi e questi, ormai a gran voce, chiedono l’uso della moviola, perché non accontentarli? Sono loro che pagano e il cliente, si sa, ha sempre ragione. Altrimenti si stanca e se ne va.