03/05/2014 11:56
IL ROMANISTA (G. SANZOTTA) - Lo so che è pericoloso avventurarsi in simili previsioni, ma dopo aver visto la bella e meritata esclusione dalla finale di Coppa della Juventus, mi sento di dire che un ciclo è finito. Quella squadra, al cospetto di avversari e arbitri privi di sudditanza, perde tutta la baldanza e l’arroganza che la porteranno a vincere questo scudetto. Certamente un aiuto è arrivato dalla pochezza della maggioranza delle squadre italiane che non hanno mai provato, se non in rarissimi casi a ostacolare il cammino dei bianconeri. Così la Roma, incappata in quattro pareggi, almeno due più che immeritati (per non parlare degli arbitraggi) non ha avuto la possibilità di recuperare nonostante un campionato fantastico. Così la distanza ora è di otto punti che potrebbero diventare 5 o anche tre alla fine, ma che comunque assegneranno lo scudetto a quell’antipatico di Conte e alla sua squadra.
Senza timore, però, possiamo ben dire che la Roma è migliore della Juventus. Se adesso le due squadre fossero a pari punti scommetterei ogni cosa sulla nostra vittoria finale. La Roma è più forte ed è sicuramente più europea. A Conte qualcuno dovrà pur dire che provinciale è la sua squadra, provinciale la mentalità di chi, alla vista di compagini straniere, si ridimensiona, balbetta un non gioco. I risultati si sono visti: cacciata dalle competizioni europee da squadre normali, talvolta perfino modeste. Quella Juventus, nervosa, che avanzava alla velocità di una tartaruga pigra e senza idee mi ha fatto pensare che questo scudetto segni la fine di un ciclo, vittorioso ma estremamente fortunato. Tre scudetti di fila sono tanti, è vero. Ma nel primo ha avuto come solo avversario un Milan ormai invecchiato e comunque, senza quel madornale errore arbitrale sulla rete di Muntari, forse non avrebbe vinto. Nel secondo anno ha dovuto vedersela soltanto con un Napoli evidentemente incompleto per competere ad alto livello.
Quest’anno la Juve ha avuto paura nonostante la Roma fosse ancora una squadra in costruzione. Una Roma che è migliorata strada facendo, e che sicuramente il prossimo anno partirà con la consapevolezza di essere la più forte. È una squadra che, risultati a parte, è migliorata progressivamente. Un progresso che non sarà vanificato dalla pausa estiva. Quando si ripartirà, azzerati saranno soltanto i punti, non il gioco, non il livello di coesione raggiunto, non la forza della Roma. Questo a prescindere dai rinforzi che dovranno venire. Non parlo di mercato, ma di rinforzi, di aggiunte. Perché stavolta non ci sono sostituzioni da fare, pedine da scambiare. Questa squadra è forte, così deve restare il prossimo anno con qualche aggiunta. Se poi arrivasse un altro campione tanto meglio. Perché adesso è chiaro, noi ripartiamo per vincere lo scudetto, mentre sarà il mercato a decidere la pericolosità dei nostri rivali.
Per questo spero che nessuno dei titolari vada via da Roma per ricominciare come se il prossimo fosse una continuazione del campionato attuale. Stesso allenatore, stessi dirigenti e gran parte dei giocatori attuali. Dobbiamo avviare un ciclo che ci porti a vincere, ad avere uno stadio nuovo e soprattutto ad entrare a pieno titolo tra le squadre più famose al mondo. Abbiamo tutte le caratteristiche perché questo avvenga. Intanto il nostro nome e l’orgoglio di essere i soli rappresentanti calcistici di Roma. La città più conosciuta e amata nel mondo. Sarà facile con i risultati far amare anche la squadra di calcio di Roma. Questo all’estero, non certo in Italia, dove ai beceri della Lega si aggiungono le invidie degli altri. Pensate quanto piacerebbe a un torinese o a un bergamasco potersi dire romano? Ci odiano? Forse vorrebbero soltanto essere come noi. Per chi da ragazzo doveva sempre sentire chiamare la nostra squadra «rometta» già poter pensare in grande senza sentirsi un illuso è una gioia. Possiamo farlo perché questo secondo posto non è frutto del caso, non è stato un evento fortunato e irripetibile. Certamente è stata una sorpresa per noi tifosi e anche per molti addetti ai lavori. Ma non conoscevamo Garcia che, invece, fin dall’inizio ha avuto idee chiare: compattare una squadra, farsi seguire con lealtà, dare un gioco adeguato non solo alle idee dell’allenatore, ma alle caratteristiche dei singoli calciatori. Dunque il secondo posto è il risultato del lavoro dell’allenatore e della società, di una programmazione che non ha reso traumatico il trasferimento di tre importanti titolari e che è la base per una costruzione più ardita. Così, forse per la prima volta, seguirò con interesse parziale, direi distratto, tutte le voci di mercato. Non mi interessano i nomi e le fantasie che circoleranno da oggi fino alla ripresa. Non resterò affascinato da ipotesi di spesa adatte agli emiri e non a una sana politica aziendale. Mi fiderò di Garcia e Sabatini, chi verrà qui non servirà a fare teatro, ma perché sarà un mattone utile per la costruzione di una grande squadra. Tanto più utile se sarà un campione. Possiamo chiudere questo campionato con serenità, dal maggio dello scorso anno è passato un secolo. C’è chi vive di ricordi e chi invece guarda al futuro. Ma prima di chiudere il sipario su questo primo atto della nostra rinascita spero proprio che Garcia e i suoi ragazzi ci facciano e si facciano un regalo, anzi due. C’è un conto da regolare con il Catania. Anche quel campo va sfatato, soprattutto perché ci hanno sempre accolto con il coltello tra i denti. Non possiamo dimenticare come sono ricevuti anche i giornalisti provenienti da Roma, o il clima intorno al campo di gioco. Dobbiamo vincere e se ci scappasse un altro 7 a 0 sarebbe fantastico. Sarebbe una giusta punizione. Poi ci sarà la gara con la Juventus e anche qui spero riusciremo a dare un bel biglietto da visita ai bianconeri. Una vittoria come appuntamento al prossimo anno perché la vera festa deve ancora cominciare.