Proiettili e pallone: la Coppa Italia diventa un campo di battaglia

04/05/2014 11:38

IL FATTO QUOTIDIANO (E. FIERRO) - Ealla fine si gioca. La partita inizia alle 21:45. Tre quarti d'ora di attesa e inutile tensione. Roma à perennemente sull'orlo di una crisi di nervi. Ieri una manifestazione, oggi una partita di calcio: l'intero sistema della sicurezza della Capitale sembra andato in tilt. È che si gioca, e siamo di fronte a tifoserie violente, ma la giornata di ieri è stata da incubo. Tutto inizia alle 19:10, le voci si rincorrono: un tifoso del è stato ferito a colpi di pistola. È un ragazzo di trent'anni colpito al torace. È grave. No, è morto già.

SU IPHONE, iPad, cellulari, i tifosi che si incamminano verso lo stadio raccolgono notizie confuse e contraddittorie. Quando manca un minuto alle sette e mezza della sera, i feriti sono tre, sempre vittime dello sparatore, due sarebbero in codice rosso. Chi ha sparato? Non un tifoso della , ma un ultrà della Roma o della Lazio. Tutto è avvenuto a Viale di Tor di Quinto, dove intorno alle 17:30 un gruppo di tifosi del si scontra con alcuni ultrà della Roma. Le notizie sono confuse, le voci parlano di un romanista che avrebbe tirato fuori un revolver e sparato per difendersi. Bastava anche di meno per far scoppiare l'inferno. E così, alle otto le scintille infiammano le strade. A pochi passi dallo stadio Olimpico ci sono i primi tafferugli con la polizia. I tifosi del , la parte più organizzata e dura, gli ultrà, che si raccolgono dietro sigle che hanno un seguito fortissimo nelle periferie della à, cominciano a lanciare petardi e "bomboni" contro la polizia. Bastano poche cariche di alleggerimento per disperderli. Il clima si fa ancora più teso, e la Polizia si affretta a smentire le voci su agenti feriti e ricoverati in ospedale. “Non ci sono poliziotti feriti”, ripetono gli uffici stampa per evitare che altre notizie si diffondano sui social network e siti, contribuendo ad accendere gli animi.

INTANTO le tv rimandano le immagini dello stadio. I calciatori che aspettano segnali. I presidenti come imbambolati. Si vedono i volti della politica. Matteo Renzi di Valerio Cattano Dai colpi di pistola che hanno colpito tre tifosi del vicino al Ciak Village in viale di Tor di Quinto, agli scontri e le bombe carta che hanno causato altri sette ricoveri. Dieci feriti nella serata di violenza nella Capitale con il timore che uno di loro non superi le prossime ore: i più gravi sono i tre coinvolti nella sparatoria e portati all’ospedale Villa San Pietro; Ciro Esposito, 30 anni di Secondigliano, ferito al torace (codice rosso); Alfredo Esposito, 43 anni, colpito alla mano destra, e Gennaro Fioretti, 32 anni, trasportato all’ospe - dale Santo Spirito con ferite da colpi d’arma da fuoco a un braccio e a una mano. Oltre a loro, una persona è stata ricoverata con un trauma cranico, un’altra al policlinico Gemelli per una frattura a una gamba, altri tre sono arrivati all’ospedale Sant’Andrea con contusioni varie, ma sono stati valutati in codice verde, ovvero non gravi, e infine nella conta di un pomeriggio di botte e spranghe sono da conteggiare un numero imprecisato di malconci che però hanno rifiutato le cure in ospedale. Si era sparsa la voce che pure un poliziotto era stato ricoverato per le ferite riportate nei tafferugli, ma la ha smentito

ATMOSFERA tesa a Villa San Pietro, ieri sera, dove sono stati ricoverati i feriti più gravi: col fiato sospeso per lo stato di salute del trentenne con un proiettile nel torace, nessuno dei tifosi ha voluto parlare con i cronisti, mentre l’altra vittima raggiunta dal piombo a una mano è stato ascoltato a lungo dalla polizia per cercare di capire la dinamica di quanto avvenuto nei pressi del vivaio. Tuttavia, agli agenti, i feriti che erano in grado di parlare hanno detto poco o nulla: non si sarebbero neppure accorti da dove arrivavano i colpi, salvo poi accorgersi che uno di loro era a terra, incapace di muoversi, e gli altri cercavano di tamponare il sangue che usciva dalle ferite alle mani e alle braccia. Una versione dei fatti che non ha convinto gli investigatori, che se in un primo momento hanno preferito parlare di “lite occasionale”, con il passare delle ore hanno delineato un diverso scenario, ovvero uno scontro violentissimo fra quel gruppo di ultras azzurri e alcuni tifosi della Roma individuati e isolati dai napoletani nei pressi del Ciak Village di viale di Tor di Quinto. Vedendo soccombere un amico, uno dei tifosi romani avrebbe estratto una pistola e fatto fuoco. Altri scontri fra ultras del e della sono avvenuti a Ponte Milvio, nei pressi della pista ciclabile, sotto ponte Duca d’Aosta, sono spuntati i coltelli, ma nulla di grave se paragonato alla sparatoria che ha portato un ragazzo in fin di vita in ospedale.

DENTRO E FUORI LO STADIO Gli scontri tra tifosi e polizia, poi fuochi e petardi all’Olimpico Ansa / LaPresse è accanto al presidente del Coni Malagò. Il presidente del Senato, Piero Grasso, lancia anatemi contro le tifoserie violente. L'onorevole Rosy Bindi, toscana e presidente della commissione parlamentare Antimafia, non si rende conto di quanto sta accadendo e sorride a favor di telecamere. Renzi ha l’espressione stupita come chi non riesce a capire cosa stia davvero succedendo. Quando sono le nove di sera, e lo stadio è pieno di tifosi delle due squadre che aspettano una risposta, nessuno sa se il pallone verrà calciato o meno. Si avviano trattative. Rappresentanti della Lega calcio parlano con i presidenti delle due squadre. Il di Roma cerca di mediare e spinge perché si giochi. Aurelio De Laurentiis, il presidente del , convince il suo giocatore migliore, Marek Hamsik a mediare con la tifoseria nella curva Nord. E qui lo spettacolo che milioni di italiani vedono è davvero deprimente. A parlare con l'idolo della tifoseria è un capo ultrà dalla stazza notevole con addosso una t-shirt nera e la scritta “libertà per gli ultrà”.

DALLA CURVA partono fumogeni e bombe carta, un vigile del fuoco viene ferito. Quando sono passati venti minuti dalle nove, ancora non c'è una decisione. Per i tifosi del non si deve giocare. Dalla fanno sapere che il clima non consente una decisione del genere. “Se sospendono la partita – ci dicono alcuni strani tipi seduti davanti ai baracchini che all’esterno dello stadio vendono panini con la porchetta – qui succede l’inferno”. Alle 21:45 la decisione: si gioca. Gli altoparlanti suonano l’Inno di Mameli e dalle curve piovono fischi. Gli ultrà del inveiscono contro i tifosi della . “Vesuvio, Vesuvio, lavali col fuoco”, rispondono gli eredi di Dante. Nelle tribune vip politica e potere si scambiano sorrisi e ammiccamenti. Sul prato ventidue uomini rincorrono un pallone. Sulle curve, l’Italia sfoga i suoi istinti peggiori. Fuori blindati e autoambulanze. È Roma.