"Un agguato per rivalità calcistiche": così Gastone decise di sparare

08/05/2014 12:00

LA REPUBBLICA (M. MENSURATI / F. TONACCI) - Le prime certezze dell'inchiesta, rese ufficiali dalle parole di un giudice, contraddicono in maniera clamorosa la versione ufficiale della . «Non c'entrano niente le dinamiche ultrà», avevano dichiarato gli uomini del Viminale nell'immediatezza dei fatti (e l'hanno ripetuto nei giorni successivi ). « ha agito per futili motivi, in specie per ragioni di rivalità calcistica» e «tutto è avvenuto per un regolamento di conti», scrive invece il giudice per le indagini preliminari di Roma Giacomo Ebner nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa ieri nei confronti dell'ex ultrà giallorosso, sfilando di fatto un altro mattoncino claque' piccolo castello di bugie e mezze verità costruito in questi giorni intorno alla sparatoria di Tor di Quinto.

IL REGOLAMENTO DI CONTI Nell'ordinanza, che accoglie in pieno le tesi proposte dai pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio, il giudice fornisce una prima ricostruzione ragionata di quei minuti drammatici, tra le righe della quale si "smaschera" un'altra suggestione delleprime ore: quella sparatoria non è stato il gesto isolato di un folle, ma l'esito prevedibile di un conflitto tra fazioni. in strada, vicino al circolo ricreativo Ciak Village, poco prima degli spari si erano infatti affrontati due distinti gruppi: quello dei napoletani, composto verosimilmente da nove persone ( tre delle quale rimaste ferite dai colpi di pistola ) e quello dei "romani", composto oltre che da Daniele , in arte "Gastone", anche da «altri soggetti nei confronti dei quali sono in corso attività di identificazione». Uno dei testimoni chiave dell'inchiesta, Raffaele Punzone, «ha fatto riferimento in particolare ad altre tre persone munite di casco, che uscivano dal viottolo insieme a , unico a capo scoperto». Insomma, ad attendere gli «ospiti» napoletani nei parcheggi dedicati, a un chilometro e mezzo dallo stadio, c'era un gruppetto di persone armate di pistola e con il volto coperto.

LA RICOSTRUZIONE DEL GIP Ecco dunque quello che è successo, così come è stato possibile appurare finora, descritto nell'ordinanza con il burocratese del tempo imperfetto. I tifosi napoletani appartenenti al club "Area Nord" —e tra questi anche Ciro Esposito e il fratello Alfonso — percorrevano viale Tor di Quinto a piedi nel momento in cui una persona ( , ndr) usciva da un viottolo laterale inveendo contro i passeggeri di un autobus di colore bianco e lanciando contro al mezzo un fumogeno». Il giudice Ebner non chiarisce, in questa fase , dove fossero nécosa stessero facendo i tre presunti complici di . Secondo la ricostruzione dei magistrati, tuttavia, questi si sarebbero dileguati quasi subito, forse perché si erano accorti che nel frattempo erano accorsi numerosi altri tifosi napoletani.

, invece, riconosciuto chiaramente anche da alcuni video sequestrati («corpulento econ la barba»), «colpiva con calci e pugni l'autobus e provocava i tifosi del che camminavano intorno». A quel punto si scatena una caccia all'uomo: «I tifosi partenopei si mettevano all'inseguimento di che intanto si dava alla fuga. Nel video si vede chiaramente che la reazione dei tifosi napoletani e l' inseguimento è avvenuto in modo compatto e all'unisono. In un momento ancora non meglio precisato, l'individuo (, ndr) estraeva una pistola di marca Benelli B80 calibro 7,65 priva di matricola e sparava ad altezza uomo». E qui, il giudice Ebner mette un altro punto fermo in questa vicenda.

A sparare è stato , nonostante questi, interrogato ancora ieri, abbia continuato a negare, e nonostante l'esito dell'esame del guanto di paraffina abbia lasciato qualche dubbio. Scrive infatti il gip: «È attendibile la dichiarazione di Punzone, il quale riferiva di avere visto con certezza la scena appena descritta e di essere sicuro che l'uomo che aveva sparato era lo stesso che veniva picchiato e che veniva poi identificato nel è attendibile», del quale Punzone «forniva anche una descrizione dei vestiti poi sequestrati a Gastone».

Il PASSATO NEOFASCISTA Non è la prima volta che si trova in tafferugli del genere. Faceva parte del gruppo dei Boys, di cui Mario Corsi, ex Nar e ora voce radiofonica del ventre della Sud, è stato uno dei leader. Entrambi condividono un passato nero. Perché raccontare Danielino in curva, è raccontarlo a metà. Prima di essere ultras, è un fascista. Militante convinto. Di quelli duri e puri, che andava a fare le spedizioni punitive.

Conquista il "disonore" della cronaca per la prima volta nel 1994, quando si fa arrestare con altri 18 sodali a Brescia. Lo aveva convinto Maurizio Boccacci, fondatore del Movimento Politico Occidentale. Su quel bus che li porta in Lombardia siedono anche Massimiliano D'Alessandro detto "er polpetta", di Opposta Fazione (un gruppo di violenti, slogan "meno calcio e più calci" ), e Giuseppe Meloni, altro leader dei Boys. Amici di una vita. Fascisteria impastata con il tifo, un mix che il giudice Ebner descrive con parole molto dure: «Assoluta mancanza di controllo, totale incapacità di ponderazione della misura e del senso del pericolo per sé e per gli altri, manifesta tendenza a farsi giustizia da sé ed un generale atteggiamento di sfida nei confronti dell'ordinamento e delle sue regole». Un compendio della più becera filosofiacurvaiola che «rendono concreto il pericolo» che Danielino possa sparare ancora.