03/06/2014 11:55
GASPORT (M. CECCHINI) - Nei giorni in cui — tra sport e politica — c’è tanta voglia di rivoluzione, ci sono sempre rischi a cui si va incontro.Uno che se ne intendeva, il poeta russo Vladimir Majakovskij, diceva che la propria era stata «una generazione che ha dissipato i suoi poeti». Nel piccolo, qui a Coverciano non c’è da fare alcuna rivoluzione comunista, ma di sicuro nel giro di una stagione la Roma ha visto sfarinare il proprio tesoretto di azzurri in vista del Mondiale brasiliano. Infatti, nel settembre scorso, erano ben quattro i giallorossi in corsa per la Coppa del Mondo che sta per partire in Brasile: Balzaretti, De Rossi, Florenzi e Destro, ma al traguardo, come sappiamo, è arrivato solo il «senatore» Daniele, che contro l’Irlanda sabato scorso ha agganciato Giacinto Facchetti come numero di presenze in Nazionale (94). Ognuno del poker ha la sua storia. Proviamo a tratteggiarla.
Sfortuna Balzaretti La parabola di Federico è nota. Aveva cominciato il campionato con il passo dei giorni migliori, santificati da una rete nel derby che aveva fatto innamorare di nuovo la tifoseria. Poi l’agguato della pubalgia. Subdola come quelle peggiori, a cui neppure un intervento chirurgico ha saputo mettere fine. Da novembre insomma è scomparso dai radar, tant’è che più volte si è sparsa la voce addirittura di un suo possibile ritiro. Invece la sua lotta continuerà, ma il suo capitolo in azzurro sembra oramai chiuso per sempre. Un peccato, anche perché Cesare Prandelli — che stima il terzino torinese — avrebbe un disperato bisogno di esterni difensivi affidabili.
Costanza De Rossi Poco da dire invece su Daniele, se non che è il centrocampista della storia che ha segnato più gol in azzurro (15) e che della spedizione brasiliana è anche il goleador assoluto. Quanto basta per dargli la definizione di intoccabile, visto che il restyling tattico a cui sta pensando il c.t. azzurro (il mediano che scivola tra i due centrali difensivi) è proprio disegnato sui suoi movimenti nella Roma di Garcia.
Guado Florenzi I Più complessa è stata la sorte di Alessandro. Il giocatore è un jolly per eccellenza e forse, paradossalmente, questo ha finito per penalizzarlo, anche se forse almeno nella lista dei 30 un posto per lui non sarebbe stato sbagliato. Coinvolto a ottobre nel disastro contro l’Armenia, non ha mai saputo trovare feeling con gli schemi di Prandelli: troppo avanzato quando doveva partire più basso, troppo poco fisico per entrare in certe rotazioni offensive. Inutile dire, che il giallorosso ha pagato anche il finale di stagione in calando, certificato dalle tante panchine riservategli anche da Garcia.
Umore Destro Più urticanti invece i titoli di coda di Mattia, il sacrificato (insieme con Giuseppe Rossi) dell’ultim’ora. La storia della sua tiepidezza nel dire sì al ruolo di riserva, qualora fosse stato chiamato Pepito, ha forse avuto un peso, soprattutto dopo i tre turni di stop a causa del codice etico, ma una cosa è certa, visto che l’ha santificata più volte anche lo stesso d.s. Walter Sabatini, che stima tantissimo l’attaccante: «Destro deve limare alcune spigolosità del suo carattere». Per Brasile 2014 oramai è troppo tardi, ma la sua storia in azzurro (proprio come quella di Florenzi e De Rossi) non è certo arrivata al capolinea. Per diventare poeti, in fondo, non è ancora troppo tardi.