19/06/2014 09:56
IL ROMANISTA (D. GIANNINI) - Può parlare di Mondiali oppure di musica, o anche di numeri, di tatuaggi, tanto la sostanza non cambia. Perché ogni volta che Daniele De Rossi dice qualcosa è sempre interessante. Pure se lo fa tutti i giorni. Martedì c’era stata la lunga conferenza stampa dal ritiro azzurro, ieri ha fatto il bis, anzi il tris. Prima rispondendo in video alle domande dei tifosi su Twitter, poi con qualche battuta a Sky Sport. Da non perdere neppure una sillaba, anche solo per conoscere meglio l’uomo Daniele De Rossi. Che, tanto per fare un esempio, ha raccontato il suo rituale pre partita, che non è sempre lo stesso, che cambia. Ora ad accompagnarlo fino al fischio d’inizio c’è la musica. Nello specifico, in questo periodo, c’è quella di Billy Joel. Piano Man il titolo del brano. Bello, da sentire, da vedere il video o da ascoltare a occhi chiusi per provare a calarsi nei pensieri di Daniele prima di scendere in campo. De Rossi parla del Mondiale: «Credo sia stata una partita bella contro l’Inghilterra e abbiamo vinto meritatamente. Il fatto che abbia perso l’Uruguay raddoppia il valore della vittoria - ha detto a Sky -. Abbiamo meno qualità della Spagna ma abbiamo altre qualità. Siamo una squadra con attaccanti forti e potenti.Balotelli ha grandi qualità e sta capendo che deve fare di più per farle venire fuori. E’ merito di Prandelli, di tutti noi ma è normale che prima o poi vengano fuori». Ma parla soprattutto di altro nelle risposte ai tifosi: «Cosa mi ha detto Totti prima della partenza? Mi ha detto "io vado in vacanza, tu vai a fare un mese e mezzo di ritiro sotto al sole!". La classica mattonata che ti dà lui. Però io sono un po’ più giovane, lui ha già dato per la Nazionale e si gode le vacanze. Speriamo che se le goda perché dobbiamo fare un grande campionato. Essere uno degli idoli della nazionale italiana è un orgoglio grandissimo, quello che sperano tutti i ragazzini. Ci riusciamo in pochi, a volte mi stupisco di questo». Poi sul suo numero di maglia: «Negli anni scorsi sceglievo il numero che restava libero, ho scelto il 4 in passato, poi si è liberato il 16 l’anno in cui è nata mia figlia, che è nata il 16 luglio. Il 16 è il numero di Roy Keane, uno dei miei idoli... incastri simpatici che mi hanno fatto scegliere questo numero, che non cambierò mai». A proposito di idoli: «Soprattutto quando ho iniziato a fare il centrocampista i miei idoli sono stati i centrocampisti delle varie epoche. Roy Keane, Guardiola, Davids, Gerrard, Lampard, Xavi, Iniesta e lo stesso Pirlo.Da romanista Voeller e Totti, che nella mia giovinezza era solo un campione da vedere allo stadio, poi è diventato quello che è diventato. Il più forte con cui ho giocato? È un giocatore col quale gioco ancora e secondo me è Francesco Totti». Da dentro il campo a fuori, subito prima di entrare. Cosa faccio per scaricare la tensione. In passato ero più scaramantico, ora ascolto musica, in base a come mi gira. Sono poco schematico. La mia canzone preferita? Cambio gusti, ora ascolto Piano Man di Billy Joel.
A proposito di scaramanzie, finché andrà bene ascolterò questa». E poi qualche battuta anche sul suo look e su una possibile barba alla Moscardelli: «No, la barba come "Mosca" sarebbe un sacrilegio - dice scherzando -, ce la può avere solo lui, devo stare un gradino sotto. Il livello del "Mosca" è un livello solo suo». Gli chiedono se per il look si sia ispirato ad Alan di Una Notte da Leoni. «Qualcuno me lo dice, spero le somiglianze siano soltanto fisiche e non rispetto alla personalità. E’ un paragone che mi fa sorridere, è un personaggio mitico». E il tatuaggio sul polpaccio col cartello di "pericolo tackle"? «E’ un tatuaggio di un amico che giocava a rugby, lui aveva il placcaggio e non il tackle». Ostia è meglio di Copacabana? «Per me Ostia è meglio di Copacabana e altre cose. A Copacabana non sono mai stato, non sono riuscito ad andarci l’anno scorso e quest’anno dubito che lo farò, è un avversario ostico da battere, ma pernoichesiamodiOstianonc’è niente di più bello di Ostia». Si torna a parlare di calcio e di Prandelli, sempre in giacca a cravatta anche nel caldo di Manaus: «È la cosa che non accetterei se dovessi fare l’allenatore, non ci riuscirei mai. È una cosa che non gli invidio, nonostante gli invidi il ruolo che ricopre, molto stimolante». Se non avesse fatto il calciatore? «Avrei fatto qualcosa nel mondo dello sport o nel calcio senza giocarci. Bisognerebbe vedere come sarebbe andata. Mi piacciono le lingue, magari avrei fatto l’interprete». E infine ancora il Mondiale. «Cosa darei per rivincerlo? Faccio fatica anche a scherzarci. Già giocarlo è incredibile, vincerlo capita una volta sola, rivincerlo sarebbe qualcosa di unico, non so cosa darei ma farò di tutto».