De Rossi: "Qui ci manca soltanto Totti"

18/06/2014 09:29

IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Il bagno nell'entusiasmo dei bambini di Mangaratiba carica, ti fa capire quanto un idolo non abbia un colore. Balotelli, Pirlo, Buffon e prima dell'allenamento ricevono in campo l'abbraccio dei piccoli brasiliani che coltivano il sogno che un calciatore presente qui al Mondiale ha realizzato. Urlano forza Italia, forza Balotelli, letteralmente sommerso dai piccoli carioca che gli chiedono filmati e autografi. Mario sorride, come non mai. Gli altri guardano ammirati. I bimbi tifano Italia e SuperMario e hanno addosso la maglia del Brasile. Contraddizione sociale? No, passione. Spontaneità. Al Portobello resort di Mangaratiba, la Nazionale azzurra vive raramente queste scene di entusiasmo. Il clan Italia trascorre il tempo in cattività e i giocatori stanno al massimo con le loro famiglie. E nemmeno per tutti è così. Molti sono stati "accompagnati" fin dall'inizio, Buffon riceverà a breve i suoi figli scortati dalla mamma di Gigi e non da Alena Seredova, l'ormai ex moglie; invece è qui da solo, totalmente concentrato sul mondiale. La compagna Sarah non si avventura in un viaggio così lungo con una bambina molto piccola. Scelta ragionevole, Daniele stringe gli occhi, è un papà inevitabilmente dispiaciuto, ma poi subentra il professionista implacabile: a lui questo isolamento da concentrazione, piace. «Non amo gli allenamenti a porte aperte, è così anche quando sono a Roma. Per preparare un Mondiale, per essere sempre concentrati, questa è la situazione ideale: il campo è vicino, ho tutto a portata di mano, non ci sono distrazioni. Lo scorso anno eravamo in un posto bellissimo, ma poi passavi le ore sul pullman per andarti ad allenare. Quando si lavora e si gioca una competizione del genere, devi ridurre al minimo i fattori di stress. Però, certo, vedere quel contagioso entusiasmo dei bambini, fa davvero piacere».

OBIETTIVI MINIMI E MEDIOCRITA' 
sta bene, il torcicollo è sparito. Contro la Costa Rica Prandelli non dovrà fare a meno del suo insostituibile. «E' un concetto sbagliato, questi titoli non mi interessano, non mi piacciono, mi interessano le prestazioni sul campo e i punti. Poi, parlando di questioni tattiche, dico che tra i miei compagni c'è chi è più adatto e chi meno a giocare nel mio ruolo: Thiago Motta, ad esempio, è perfetto, forse Verratti e Pirlo un po' meno». Questo 4-1-4-1 funziona alla perfezione. Tanto possesso e meno dispendio di energie. Stile Spagna vecchie maniere. «Magari. Il calcio spagnolo è quanto di più bello visto negli ultimi anni. Il nostro è frutto di un’intuizione di Prandelli, che è riuscito a sfruttare al meglio le qualità dei suoi calciatori. Giocare in questo modo ci aiuta anche a lottare contro il clima avverso. Vista la qualità dei centrocampisti, qui ci sarebbe stato alla perfezione. E c'è sempre un gruppo fantastico: siamo uno contro l'altro durante l'anno, ma qui sono tutti pronti a fare sacrifici per il compagno». Con queste premesse, quali gli obiettivi minimi? «Sarebbe mediocre rivelarli, e lo dice uno che il Mondiale l’ha vinto e non da favorito. Quindi andiamo avanti pensando che possa succedere di tutto». Due i pericoli, ora: la Costa Rica e il caldo, anche se per Recife si prevedono temperature più basse e piogge. La battaglia sugli orari assurdi continua. «Non serve scomodare la Fifa. Basti pensare che in Italia giochiamo alle 21 a Verona il 6 gennaio. Lo spettacolo ne risente. Ma ci sono i diritti tv e i soldi, e questo muove tutto e non si pensa alla salute dei calciatori. Accettiamo, alla fine fa caldo per tutti, più o meno. La Costa Rica? Ormai non esistono più le outsider: qui tutti arrivano preparati e tutte le squadre hanno voglia di giocare bene. Non esistono più formazioni con gente sconosciuta. Della Costa Rica bisogna avere un po' paura. Una sana paura, per non cadere in tranelli». 

IL FRATELLO ANDREA 
Pirlo dopo il mondiale lascerà la Nazionale, Daniele non ha alcuna intenzione di farlo. Ma la lontananza in azzurro già pesa. «Con Andrea ho giocato manifestazioni che ricorderò per tutta la vita. Dodici anni passati con lo stesso giocatore, sempre in camera insieme ti segnano, ti lasciano qualcosa di bello. Lui è un esempio. Un giocatore elegante, uno che non ti lascia indifferente. Con lui c'è sintonia. E mi mancherà. Io quando smetto? Mi sento ancora giovane e forte, questa stagione in Nazionale e con la Roma mi dà ancora più consapevolezza dei miei mezzi e della mia salute fisica, facendo i debiti scongiuri. Giocare in Nazionale, lo ribadisco, mi piace tantissimo, finché sarà in grado di sostenere e onorare questa maglia me la tengo stretta».