18/06/2014 09:36
GASPORT (A. ELEFANTE) - E se la storia ha un senso, qualcosa di non banale gli succederà. Alla seconda partita di una grande manifestazione, è molto facile che Daniele De Rossi si scaldi: gli è capitato di pentirsene, più spesso sono state fiammate che hanno incendiato anche la squadra. Come un motore diesel: ci mette un po’ (la prima partita), e poi si accende. La storia dei suoi Mondiali: nel 2006 pianta una gomitata in faccia a McBride (Usa) e si prende quattro giornate, nel 2010 invece si prende il rigore che Iaquinta trasforma per pareggiare contro la Nuova Zelanda e restare in corsa (per quattro giorni). Ma c’è dell’altro, perché questa è una storia che parte da lontano. Dieci anni fa, Europeo under 21: migliore in campo con assist per il 2-0 contro la Serbia-Montenegro; ancora nel 2004, Olimpiade in Grecia: con una volée di sinistro avvia la vittoria sul Giappone (3-2). E poi l’altro ieri, Confederations Cup di un anno fa: il Giappone vola sul 2-0, a lanciare la rimonta sbuca la capoccia di De Rossi, su corner di Pirlo.
L’ultimo gol Successe a Recife e chissà cosa succederà venerdì: stesso stadio, ancora la seconda partita. La certezza è che da quel colpo di testa all’Arena Pernambuco è nato il suo ultimo gol azzurro: il numero 15, e nessuno della rosa di Prandelli ne ha messi insieme tanti; il numero 15, e quel giorno De Rossi scavalcò anche Rivera: senza contare Baloncieri, interno atipico, è il centrocampista che ha segnato di più nella storia della Nazionale. E altri ne segnerà, «perché la mia data di scadenza non è già scritta — dice — e mi sento ancora giovane e forte». Forse solo un giocatore un po’ diverso, come da parabola della sua carriera, anno dopo anno qualche metro più indietro: attaccante, trequartista, interno, uomo davanti alla difesa. Dev’essere per quello che ha sempre avuto gol nei piedi e nella testa, può essere per quello che in Nazionale non segna da un anno (e con la Roma meno che in passato).
Non esageriamo Ma De Rossi oggi a Prandelli serve lì, pronto ad arretrare per infilarsi fra i due centrali difensivi: «Ma non dite che sono insostituibile in quel ruolo, il concetto è sbagliato: può farlo anche Thiago Motta, che magari è meno esplosivo di me, ma è più regista. È stata un’invenzione di Prandelli, che ha cercato di capire le qualità migliori dei suoi giocatori: però sostenere che abbiamo il miglior centrocampo del mondo mi pare esagerato, contro l’Inghilterra non abbiamo vinto solo lì. Diciamo che è un reparto ricco di giocatori che si possono completare bene e che a uno come Totti, visto che me lo chiedete, avrebbero consentito di fare il fenomeno».
Un altro rosso no Etichetta buona anche per Pirlo, «e se penso che dopo dieci anni sempre insieme, anche in camera, l’ultima partita di questo Mondiale sarà probabilmente l’ultima insieme mi viene tristezza». E se pensa alla Costa Rica, cosa le viene? «Un pochino di sana paura, che male non fa. Battendo così l’Uruguay ci hanno aperto gli occhi: non li sottovaluteremo e proveremo a batterli, per ipotecare il passaggio del turno». E a lui, giura, non verranno cattive tentazioni: «Quello del 2006 resta l’unico rosso nella mia carriera azzurra: no, un altro non lo prendo». Calcolo facile facile: se gioca sempre e arriva fino ai quarti di finale, De Rossi fa 100 partite con la Nazionale. No, sarà buona la seconda: nel caso scommettete su un gol, non su un cartellino rosso.