22/07/2014 10:47
LA REPUBBLICA (F. BIANCHI e S. SCACCHI) - Ci provò Gianni Rivera quattordici anni fa ma i tempi non erano ancora maturi per vedere un (grande) ex calciatore alla guida della Federcalcio: vigeva una regola che più antidemocratica non poteva essere, il diritto di veto, e furono proprio i club di A, il Milan di Berlusconi in testa, a bocciarlo. Ora per fortuna è cambiato tutto: in terza votazione basta la maggioranza. E per questo Demetrio Albertini, 43 anni, sempre ex Milan guarda caso, scende in campo e si candida per la poltrona che è stata di Giancarlo Abete. «Io, regista del cambiamento», lo slogan di Albertini. Troverà un rivale forte in Carlo Tavecchio, 71 anni, ma il coraggio dell'ex vicepresidente federale, adesso, aprirà un dibattito nel mondo del pallone, conservatore e pauroso. Andrea Agnelli non ha dubbi («ci vuole un ex calciatore, basta guardare l'esempio di Platini e Rummenigge», ha detto di recente): con la Juve sono pronti ad appoggiare Albertini altre 7- 8 società (Roma, Samp, Verona, Fiorentina, Cesena, Empoli, forse Napoli e Torino) mentre Galliani e Lotito guidano la cordata pro-Tavecchio. Gli exit pol, oggi, vedono favorito il presidente della Lega Dilettanti: 60% contro il 40% di Albertini, che ora, forte dell'investitura di sindacato calciatori e assoallenatori, cercherà di far breccia anche fra qualche presidente di serie A e di Lega Pro. La massima serie potrebbe spaccarsi.
«Demetrio ci deve provare, a Milano non c'è il pensiero unico», spiega Renzo Ulivieri. Manca ancora molto alle elezioni: si vota l'11 agosto (e il 27 luglio, entro le 24, vanno formalizzate le candidature). I giochi non sono ancora fatti: dovesse prendere il 40-42 cento sarebbe un successo per Albertini e per il sindacato calciatori che, a quel punto, tenterebbe un accordo di programma con Tavecchio. Ieri Malagò ha visto Tommasi, oggi Tavecchio incontra Macalli, giovedì assemblea di A, venerdì di Lega Dilettanti. Si accelera. Albertini aveva annunciato le sue dimissioni dalla Figc prima dei Mondiali, stanco di combattere con un sistema incapace di innovare. Ma adesso tocca a lui farsi avanti. «Ho ricevuto tante sollecitazioni in queste settimane - ha spiegato a Milano in una conferenza stampa - anche dalla gente per strada. Mi metto a disposizione per essere il regista del cambio di passo che serve. È il ruolo che ho sempre avuto da calciatore. Ma non sono solo un ex giocatore. È da otto anni che faccio il dirigente». Andrea Agnelli gli ha telefonato, ora Demetrio deve vincere lo scetticismo degli altri dirigenti: «So che qualche presidente dice che non voterà mai per un ex calciatore».
Per farlo cercherà di impersonare al meglio il ruolo del garante del cambiamento. «Ho parlato di Tavecchio con grande rispetto ma nel momento in cui non riceve la candidatura delle altre componenti, che ha sbandierato, magari significa che il sistema sta cercando altro. Voglio essere un'opportunità». Una bacchettata al sistema scelto dalla Serie A: nessuna indicazione di voto, ma la promessa di un programma condiviso da sottoporre ai candidati. «Approccio metodologicamente sbagliato». E poi la volontà di rimettere il calcio al centro del dibattito elettorale: «Sento parlare molto di vicepresidenze e nomi, ma poco di questo sport». Tra le sue proposte, una governance federale più equilibrata che eviti a due sole componenti di avere la maggioranza; liste per il campionato sul modello Uefa in modo da poter imporre un certo numero di ragazzi del vivaio; la Germania come esempio e una maggiore apertura verso l’esterno dei nostri club di vertice. «In Italia fa notizia se un allenamento è a porte aperte. Dovrebbe essere il contrario. I campioni devono tornare in mezzo alla gente». Da qui in poi a guidarlo saranno famiglia e religione: «Servono fede e costanza, che sono anche i nomi dei miei figli»