10/07/2014 13:38
IL TEMPO (V. IMPERITURA) - Erano vicini Ciro Esposito e Danielino De Santis quando partirono i colpi che ferirono a morte l’ultras di Scampia, deceduto dopo cinquanta giorni passati a combattere tra la vita e la morte nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Gemelli. Probabilmente uno sull’altro (cosa che coinciderebbe con l’autopsia che ha stabilito che il colpo ha raggiunto il torace di Esposito da distanza ravvicinata) nella battaglia esplosa dopo l’aggressione di De Santis al gruppo di tifosi partenopei che si dirigeva verso l’Olimpico per la finale di coppa Italia contro la Fiorentina. Una ricostruzione che andrebbe a confermare l’ipotesi accusatoria che vede gli ultras del Napoli avventarsi su quello della Roma (ormai rimasto solo, dopo l’abbandono della scena da parte dei suoi complici che sarebbero scappati attraverso il cortile del Ciak Village) immediatamente dopo l’esplosione dei bomboni lanciati dallo stesso De Santis.
L’ex ultras capitolino – trasferito dopo la morte di Esposito in un reparto ospedaliero con maggiore sorveglianza nella provincia di Viterbo – in preda ai deliri di onnipotenza probabilmente causati dall’assunzione di cocaina, dopo essere caduto a terra avrebbe sparato sui tifosi che ormai gli erano addosso. E d’altronde lo stesso Esposito (così come gli altri tre tifosi partenopei raggiunti dai colpi 7,65) era stato subito iscritto nel registro degli indagati per il reato di rissa aggravata. A certificare la rissa – oltre alle tante testimonianze raccolte dagli investigatori in due mesi di indagine – le tante ferite riportate dallo stesso aggressore su cui si è abbattuta la furia degli ultras che volevano vendetta. Sangue che chiama sangue e violenza a cui rispondere con altra violenza, in un circolo vizioso che ha portato il mondo della pedata italiana al punto più basso dai tempi dell’aggressione ai tifosi del Tottenham, vittime della furia devastatrice di un commando di tifosi laziali e romanisti (e con elementi estranei al tifo e legati all’estrema destra) che devastò un pub nel cuore di Roma dove i tifosi inglesi trascorrevano la vigilia di una gara internazionale.
Le condizioni del presunto omicida (colpito ripetutamente dalla reazione degli ultras napoletani che gli hanno devastato una gamba) sono stabili e nelle prossime settimane i pm Antonino Di Maio e Eugenio Abamonte potrebbero decidere di sentirlo nuovamente. Così come probabilmente saranno ascoltati anche Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito, gli altri due tifosi del Napoli feriti nella sparatoria e coinvolti nella rissa. Le versioni fornite agli inquirenti nei giorni immediatamente successivi a quel maledetto 3 maggio infatti non sono state ritenute attendibili dagli inquirenti: troppi i non so e i non ricordo, troppe le incongruenze rispetto agli elementi in mano agli investigatori. Le indagini intanto proseguono – la Procura non vuole forzare i tempi, in attesa anche dei risultati sugli esami irripetibili eseguiti dagli esperti sull’arma che sarebbe stata usata da De Santis, sui guanti indossati da «Danielino» e sulle pallottole, di fattura artigianale, esplosi durante gli scontri – e gli investigatori stanno scandagliando gli ambienti ultras e quelli legati all’estrema destra (che spesso coincidono, a Roma come a Napoli e in tane altre curve italiane) alla ricerca degli altri tre individui che, con il volto coperto, avrebbero partecipato con lo stesso De Santis all’aggressione ai tifosi in corteo verso l’Olimpico.