18/07/2014 11:42
CORSERA (R. PERRONE) - Come in tutte le vicende umane, tra due controparti la verità sta quasi sempre nel mezzo. Antonio Conte non abbandona la Juventus per il mercato, ma questo è il detonatore di una crisi personale, conseguenza di un approccio totalizzante al calcio. Conte è anti decoubertiano (per sua stessa ammissione): partecipare non gli interessa. Vincere però è stressante e ha prosciugato le sue energie (ma anche quelle della Juve) fino all’addio. Tutto comincia dallo scudetto numero 2.
Un anno pesante, tecnicamente e umanamente: per sei mesi lo spreco di energie è stato doppio a causa della situazione di Conte, sotto accusa e poi squalificato per omessa denuncia. La vittoria del 2013 è costata sangue, sudore e lacrime a società e tecnico che il giorno dello scudetto (5 maggio 2013) annuncia: «Il futuro? Vediamo. Bisogna essere chiari. Altrimenti la Juve può vincere anche senza di me». Dopo 10 giorni stringe la mano ad Agnelli. «Continuiamo a costruire». Conte resta ma non è sereno. Si lamenta per le cessioni di Matri e Giaccherini e quando comincia l’anno sociale 2013-2014 pensa che sia l’ultimo alla Juve, si guarda intorno.
La crisi non esplode allora perché succede l’incredibile tracollo di Firenze (20 ottobre 2013, 2-4). Sembra l’inizio della fine, invece parte la stagione dei primati conclusa oltre quota 100 (102 punti). Troppo intensa per riuscire a riflettere sul futuro. A marzo 2014 lo scudetto è ormai certo. Conte va dall’ad Beppe Marotta. «Il ciclo è finito, sono stanco, non so se riuscirò ancora a motivare la squadra a questi livelli. Forse dovrebbe sentire un’altra voce». I dirigenti bianconeri non vogliono credergli e gli chiedono di pensarci. A peggiorare la situazione arriva la settimana di Sassuolo-Juve (28 aprile) e Juve-Benfica (1 maggio). La Juventus esce con i portoghesi e perde l’occasione di giocare la finale di Europa League in casa. Conte si risente moltissimo per le critiche non solo dei media ma anche di tanti tifosi bianconeri sulla gestione dei titolari e sul fallimento europeo.
A Roma il 10 maggio pronuncia la frase che irrita Agnelli: «Non si entra con 10 euro in un ristorante da 100 euro». Malgrado tutto il presidente non vuole lo scontro. Però non intende neanche farsi trovare impreparato. L’accordo è: finire in gloria, festeggiare, poi discutere. Nel frattempo il club individua Sinisa Mihajlovic come sostituto. Sinisa va a Torino a incontrare il presidente. Alla Sampdoria dice che il 20 aprile scioglierà la riserva sul futuro.
Il 19 c’è il tavolo Juve-Conte. «Vi rimetto il mio contratto, sono stanco, non dormo più» risponde l’allenatore alla società che vuole prolungare oltre la scadenza del 2015. Poi aggiunge: «Però siccome ho ancora un anno, se voi ci tenete, continuo ». A frenarlo sulla decisione di lasciare c’è anche la scoperta del sostituto già pronto. Il pensiero di un altro sulla sua panchina lo disturba. A guardare da qui sarebbe stato meglio finire, ma in una trattativa entrano anche aspetti affettivi. E la soluzione è un compromesso. Vediamo come va, poi tra sei mesi ne riparliamo. Tweet stringato: «Allenatore 2014-2015 Antonio Conte».
Conte parte per le vacanze con l’idea di rilassarsi, di staccare. Anche la Juve lo spera. Invece lui non molla, chiama, discute. Si interessa di tutto, anche di comunicazione. «Dobbiamo migliorarla». Chiede due giocatori: Sanchez e Cuadrado. Il primo va all’Arsenal per 42,5 milioni e 7 di stipendio. Improponibile per la Juve. Come Cuadrado. Oltre ai soldi c’è la nota inimicizia della Fiorentina. Nessuna delle alternative lo soddisfa. Alla fine si decide di aspettare il rientro di Conte per discutere della campagna acquisti. Ma questo avviene in coincidenza con la sparizione di Iturbe dai radar bianconeri. Lunedì Conte va da Marotta. «Non me la sento più, non riesco ad andare avanti. Risolviamo». Ogni tentativo di fargli cambiare idea va a vuoto. È finita.
Conte dà l’addio su Juve Channel, nomina Andrea, ma non Marotta, Paratici e Nedved. Agnelli, invece, significativamente, nella sua lettera li chiama addirittura per nome. C’è chi adombra il sospetto che Conte abbia voluto mettere in difficoltà la Juve. Non è così, probabilmente, però così la Juve si è trovata. E ha voltato pagina. Il presente e il futuro spesso non hanno ragione. Però esistono solo questi.