29/07/2014 10:57
GASPORT (D.STOPPINI) - Sorrisi e tormenti. Solo che i sorrisi si vedono, che siano su una business class di un trasferimento aereo, sotto il cielo di Boston, in partita o sotto stress alla Denver University poco importa. Ljajic ride, ride sempre. Il morale è alto, i pensieri di mercato non lo disturbano. Quantomeno non ne intaccano il rendimento, perché la notizia è questa: a dover stilare una classifica dei più in palla di questa tournée americana, il serbo salirebbe sicuramente sul podio con buone probabilità di vittoria. È un inno alla smentita della frasi fatte che ruotano intorno al calcio, quelle della serie «gioca male perché è distratto dal mercato».
Dentro il gruppo - C’è di più: dallo spogliatoio filtrano sensazioni di un giocatore che ha ritrovato lo spirito giusto, che scherza con i compagni e con lo staff tecnico. Che sulla 16th street di Denver si concede un po’ di shopping nelle ore libere insieme agli altri, un’occhiata a Victoria’s Secret e uno sguardo al cuore del Colorado, il centro degli Usa, il muso lungo, se c’è, non si vede. E ora Dallas, i cowboy, i rodeo: questa è l’America, l’America che il serbo era convinto di aver trovato nella Roma un anno fa. E invece la storia ha detto altro. Ha detto che la sua stella è stata oscurata da quella di Gervinho e che lui non è riuscito più a invertire la rotta. Raccontano che il suo sia un problema di testa, non di comportamento. La panchina gli fa male, certo un limite per un giocatore che invece avrebbe tutto per travolgere il campionato. E la cosa lo ha condizionato nel rendimento e negli allenamenti quotidiani, nei quali non è riuscito a convincere Garcia che no, la panchina non l’avrebbe meritata.
Segnali - Ecco, qualcosa è cambiato, qualcosa almeno pare mutato. Ljajic sta mandando i segnali giusti a Garcia. La differenza, come al solito, la fanno i particolari. Quei sorrisi al momento opportuno, l’attenzione nelle partitelle, perfino il fatto di rimanere in campo più a lungo dei compagni. Mentre gli altri erano già rientrati negli spogliatoi a fine allenamento, due giorni fa, lui invece era ancora lì dentro il «soccer field» a palleggiare con lo staff di Garcia. Magari non vuol dire niente, perché in tempi di mercato non è mai giusto sbilanciarsi. In fondo lo dice la stessa Roma: il mercato è fatto di opportunità. E magari l’opportunità di un’offerta da 15 milioni di euro per Ljajic non può essere lasciata cadere, a maggior ragione se nello stesso ruolo del serbo la società ha già portato a termine il colpo (Iturbe) e sta per scommettere su un altro prospetto interessante come Ferreira Carrasco (manca solo l’annuncio). Magari non vuole dire niente. Oppure vuol dire che il colloquio con Sabatini che Ljajic avrà al rientro dagli States avrà contorni differenti da quelli immaginabili. Perché se è vero che Garcia dice «a nessuno posso promettere il posto da titolare», è vero pure che un posto da titolare — messi da parte i musi lunghi — Ljajic è in grado di andarselo a prendere da solo.