23/07/2014 11:02
LA REPUBBLICA (E. SISTI) - La Guinness Cup (quest’anno con Roma, Milan e Inter) è un affare milionario che produce spettacolo leggero, un aperitivo che anticipa e si contrappone alla romantica profondità della Champions League. Ma le squadre sono più o meno quelle e dicono porti anche fortuna: la prima edizione è stata vinta dal Real Madrid nel 2013. E lo stesso vorrebbe fare la Roma: «Voglio vincere, puntiamo allo scudetto» è la sintesi per la stagione di Rudi Garcia.
Dietro il torneo americano c’è la mano di Charlie Stillitano, 55 anni, indubbie origini italiane, uno che per anni ha rovistato fra successi e bancarotte. Il suo attuale gruppo, la Relevent Sports, prima si fa carico di investire denaro e successivamente, a buon diritto, e non solo televisivo (i diritti tv della Guinness Cup sono stati venduti in 85 paesi), si predispone a mietere un cospicuo raccolto: «Soltanto negli Usa si possono vedere in estate partite fra i più importanti club del mondo con 40 mila spettatori garantiti, a volte 70 mila». Stillitano comincia aprendo un fronte “charitable” della Soccer Federation. A Usa ’94 lo troviamo a dirigere il Giants Stadium. Da primo dg dei MetroStars porta Donadoni negli Stati Uniti. Pensa in grande ma scivola sulle bucce delle sue idee faraoniche, pagando affitti clamorosi per uno stadio di seggiolini vuoti. Per alcuni anni Stillitano incarna il fallimento del “soccer” più primitivo, sospeso fra Pelè e i modelli europei. Nel 2000 perde quasi tutti i capelli per una storia sentimentale finita peggio dei MetroStars e si butta nel marketing: «Voglio portare le squadre europee a giocare negli Usa». Cerca di sensibilizzare gli altri sport. Il risultato è una fragile partnership fra Manchester United e New York Yankees.
Nel 2003, per il battesimo del Lincoln Financial Field di Philadelphia, organizza United- Barcellona senza chiedere permesso alla federazione americana. Viene condannato a pagare 50 milioni di risarcimento e la società implode nei debiti. Il ricorso in appello dura sei anni. Gli fanno lo sconto. Nel frattempo Stillitano aveva mutato strategia: «Porterò gli americani a giocare in Europa ». Riconquista credibilità fondando un’altra società e fa pace con la Major League Soccer, che vede in lui un agitatore utile alla causa. Fra lo stupore generale ottiene il permesso di entrare in stadi che il “soccer” non aveva mai osato nemmeno guardare su internet: «Un giorno riuscirà ad organizzare dei calcetti sul ghiaccio dell’hockey », disse scherzando il suo amico, l’ex ct Usa Bob Bradley, papà di Michael. La Relevent Sport nasce da un’idea del proprietario dei Miami Dolphins Stephen Ross. Ora è l’anima direttiva della Guinness Cup, gioiosa e infernale macchina capace, come dice Stillitano, «di trasformare persino Philadelphia in una città del pallone ». Inaudito.