11/08/2014 10:58
CORSERA (A. BOCCI) - Alle 4 del pomeriggio l’hotel Hilton di Fiumicino è pieno di gente frenetica, sorridente, pronta alla festa. Non si tratta di turisti in partenza per le ferie, ma dei novanta delegati della Lega Dilettanti, i primi a impossessarsi della struttura dove oggi il calcio sceglierà il proprio futuro. Carlo Tavecchio è il loro presidente e alle 7 della sera potrebbe diventare l’erede di Giancarlo Abete e il capo della federazione più importante dello sport italiano. Contro tutto e contro tutti. Impermeabile alle critiche, Tavecchio è il grande favorito. E i delegati della Lega più numerosa sono pronti al trionfo. Mai un loro rappresentante è arrivato così in alto. «Come finirà? Se non ci saranno accordi politici dell’ultima ora, Carlo vincerà alla terza votazione», racconta un delegato dell’Emilia Romagna.
Ma c’è chi è più ottimista e si spinge oltre. Secondo una parte nutrita dei suoi aficionados, il 71enne ragioniere di Ponte Lambro potrebbe chiudere il conto già al secondo turno quando sarà necessario il 66 per cento dei consensi. «Presidente tieni duro, noi democristiani non molliamo mai», grida un altro elettore di Tavecchio abbracciandolo al centro del corridoio quando il super favorito si materializza per una riunione con gli stessi dilettanti e la Lega Pro. È la rivincita dei peones. Tavecchio cerca con lo sguardo Macalli, che gli ha garantito i voti preziosi della serie C, mentre Lotito e Galliani, i registi dell’operazione, sono arrivati solo a tarda serata, ma sono sempre stati in contatto con il loro candidato. Soprattutto Lotito, che in questi giorni ha guidato Tavecchio come un bambino.
Demetrio Albertini, l’uomo della base, degli allenatori e dei calciatori, anche di una fetta ampia di opinione pubblica, è battuto. In questi giorni in cui Tavecchio ha tremato e rischiato, l’ex milanista non è mai cresciuto in maniera significativa oltre il 30 per cento di partenza. Il vero rivale di Tavecchio è il partito dell’astensione che sul far della sera cresce nelle confidenze di corridoio. Nel segreto dell’urna anche qualche insospettabile potrebbe cambiare pelle e stravolgere un finale apparentemente già scritto. Sotto sotto, sono in parecchi a considerare Tavecchio impresentabile e non solo per lo scivolone sulle banane. «Optì Pobà? È stata un’uscita infelice, ma Carlo non è razzista. Casomai paga l’amicizia con Lotito », spiega un fedelissimo mentre dentro l’hotel entra in fila indiana la delegazione lombarda della Lega Dilettanti, la più numerosa e fedele al presidente. C’è chi teme sorprese, anche all’interno della stessa LND: «Non sarebbe la prima volta». Ma alla fine tutti sono pronti a scommettere: «Tavecchio vincerà e il calcio uscirà dalla crisi». Il re, piccolo e provato anche da gravi problemi personali, cena con i suoi grandi sostenitori (Lotito e Macalli) prima però fa sentire la sua voce attraverso uno scarno comunicato dattiloscritto: «Il susseguirsi delle dichiarazioni ha distolto l’attenzione dalle priorità di cui necessita oggi il calcio. Impegni concreti per i settori giovanili, l’impiantistica sportiva, i centri di formazione federale, la riforma dei campionati e le regole di governance».
Il suo programma è il programma di Lotito, benedetto da Galliani. Se oggi sarà presidente, Tavecchio riunirà subito il Consiglio federale e poi darà la caccia all’allenatore della nazionale. Rispetto a un mese fa, spinto dalle critiche e forse dal Coni, ha rivisto il concetto. «Non prenderò mai un tecnico da 2 milioni di euro», aveva dichiarato il giorno delle dimissioni di Abete. Ora, invece, lo prenderà da 3 (lordi). E punterà sul meglio che c’è in giro: la prima telefonata sarà fatta ad Antonio Conte (ci sono stati già dei sondaggi), ma se il bianconero preferisse aspettare una panchina europea, allora punterà su Roberto Mancini (sempre che non si opponga Lotito...). Guidolin e Tardelli, in questo momento, sono indietro.