31/08/2014 11:58
CORSERA (L. VALDISERRI) - «Non farò mai paragoni con la squadra dello scorso campionato. Sono due storie diverse ». Rudi Garcia lo ha detto alla vigilia di Roma-Fiorentina ma i primi 90’ del campionato 2014- 2015 dicono almeno tre cose per chi è costretto a confrontare:
1) si può non prendere gol anche senza i due draghi della difesa passata: Benatia (partito e chiamato Trenta Denari dalla curva) e Castan (infortunato);
2) la qualità del gioco è ancora migliorata;
3) il giorno che Gervinho segnerà anche i gol facili gli basterà il girone d’andata per diventare capocannoniere.
La Roma riparte con la mentalità giusta e i simboli sono Nainggolan — un gol e un assist —, perfetto per 90’; De Sanctis che salva due volte — su punizione di Ilicic e tiro di Babacar — un pareggio che la Fiorentina avrebbe meritato poco ma che Montella, alla sesta sconfitta viola contro la sua ex squadra, ha cercato con ostinazione cambiando e ricambiando squadra; Keita, che entra dalla panchina con l’esperienza di un vecchio bucaniere e l’entusiasmo di un giovane. Quando salirà la tenuta fisica, la Roma può davvero correre per ogni traguardo. La Fiorentina ha pagato l’assenza dal campo di Pepito Rossi, infortunato, ma soprattutto quella di Mario Gomez, non pervenuto per 90’.
Il presidente James Pallotta passa sotto la curva, dove c’è anche Rodrigo Taddei, a un’ora dall’inizio della partita. Dagli ultrà arriva un comunicato che — ripulito da qualche banalità — è un grande passo avanti e fa sperare in un calcio migliore, dove trovino spazio tutte le voci. «La morte di Ciro Esposito è per noi una tragedia abnorme, che però, per come è avvenuta, esula dal mondo ultras. È una vicenda disgraziata e dolorosa che ha distrutto la vita di due famiglie, portando alla morte assurda di un giovane e alla quasi sicura amputazione della gamba di un altro (Daniele De Santis, l’ultrà romanista accusato di aver ucciso Ciro; ndr). È arrivato il momento di ammettere le proprie responsabilità e impegnarsi verso un nuovo corso».
Gli ultrà giallorossi ammettono di aver sbagliato «modi e tempi» dello striscione di solidarietà con Daniele De Santis. Sembra una cosa normale e invece, nella logica del «muro contro muro», è una piacevole sorpresa. Ci sono le critiche alle leggi draconiane e le solite accuse ai giornalisti, ma è importante anche l’autocritica: «Abbiamo permesso che improvvisati capitani di ventura si ergessero a leader, dettando comportamenti difformi da quello che è stato e dovrà tornare ad essere il nostro stile. Le coltellate a ignari sessantenni e a studenti fuori sede non sono gesti ultras ma azioni vili che noi abbiamo la colpa di non aver arginato». Il calcio può ripartire da qui e dall’ennesima partita interessante tra Roma e Fiorentina, due squadre che, quando si affrontano, regalano sempre gare non banali.
Garcia sorprende con il 4-2-3-1 e un pressing altissimo, quello che al 28’ permette a Nainggolan di recuperare palla e servire Gervinho in profondità. L’ivoriano fa tutto bene tranne il tiro, respinto da Neto, ma è ancora Nainggolan a raccogliere e mandare in porta un destro al volo tutt’altro che facile. Palla recuperata, assist, azione seguita e gol sulla respinta del portiere. Un piccolo manuale di quello che deve fare un centrocampista e che fa felice un allenatore. Montella capisce che la Fiorentina manca di qualità a centrocampo, il reparto che è sempre stato la sua forza. Così boccia da solo la sua mossa a sorpresa — Brillante in campo dall’inizio — e sostituisce l’australiano con Ilicic. Borja Valero torna a fare l’interno e non più il trequartista dietro a Babacar e Mario Gomez. Nella ripresa, con il nuovo assetto, i viola costruiscono almeno un paio di occasioni ma il raddoppio di Gervinho, a tempo scaduto, dà alla gara il suo risultato più giusto. La caccia alla Juve è aperta.