08/08/2014 10:20
LA REPUBBLICA (F. S. INTORCIA e M. PINCI) - Nove club di Serie A sfiduciano Carlo Tavecchio e, in un documento congiunto, lo invitano a ritirarsi, insieme allo sfidante Demetrio Albertini, dalla corsa alla presidenza federale: «Per fare le riforme serve un consenso più largo». E un commissario. Ma il grande favorito, invece di un passo indietro, fa un salto triplo in avanti: «Non cambia la sostanza del mio impegno - ribatte Tavecchio -, la stragrande maggioranza delle società sostiene la mia candidatura di servizio e il mio programma di rinnovamento del calcio italiano». Per tutto il giorno l’opposizione in A ha accarezzato il quorum politico per sfiduciarlo: almeno 10 club su 20 nella Lega più importante. Da giorni Juventus e Roma hanno cercato di convogliare la maggioranza su una posizione nuova: né con Tavecchio né con Albertini, ma verso un commissario straordinario in grado di garantire il rispetto di un programma condiviso, forte di un consenso più largo e del gradimento dell’establishment. Una scelta spiegata in un documento con cui si comunica la scelta «di non appoggiare e di conseguenza non votare nessuna delle due attuali candidature » e l’auspicio che «la mancanza dell’appoggio di larga parte della Lega Serie A possa indurre Tavecchio ed Albertini a prendere atto della situazione frammentaria e a ritirare la loro candidatura » per aprire «rapidamente un periodo di profonde riforme del calcio italiano». Hanno aderito Cagliari, Cesena, Empoli, Fiorentina, Sampdoria, Sassuolo e Torino, oltre a Juventus e Roma, promotrici. Con un giallo: nella prima bozza proposta ai club c’era anche il nome del Palermo. Ma Zamparini ha gelato i dissidenti: «Non firmo nulla. Mi fanno schifo tutti, è vergognosa la campagna contro Tavecchio. Io voterò per lui». Contavano, i “no-Tav”, di pescare un altro consenso nella controparte. Tante telefonate, a vuoto. Non ha cambiato idea il Napoli, non ha violato la sua neutralità il Verona.
L’intenzione era di diffondere il documento solo con 10 adesioni: avrebbe avuto altro significato. Ma nel frattempo, a cena, Tavecchio piombava al Tg1 in un’intervista esclusiva per annunciare: «Proporrò la nomina di un consigliere delegato alla lotta contro la discriminazione razziale. Spero sia un atleta, meglio ancora un calciatore». Blindato dalla differita, ha ripetuto diligentemente, quasi in modo meccanico, pochi concetti ma chiari, preoccupato di non fare altre gaffe a pochi giorni dal voto. Anzi, ha provato a mettere una pezza alle precedenti: «Razzista io? Non scherziamo. In periodi non sospetti mi sono occupato di integrazione e un mio provvedimento ha permesso a migliaia di extracomunitari residenti in Italia di giocare a calcio. Le donne? Nessuno più di me ha aiutato il loro calcio, ho proposto che i club di A avessero tutti una squadra femminile». Il presidente della Lnd ora deve solo battere il partito delle schede bianche. Gli serve il 50 per cento più uno in terza votazione, lunedì. È sicuro di farcela. Il suo staff ha accolto con favore il mancato raggiungimento del quorum in A dei suoi oppositori, che gli avrebbe suggerito altre riflessioni. Lo sfidante Albertini, a Lerici per i calendari di B, ha detto: «Una valutazione sulla governabilità è doverosa. La A dall’inizio appoggia Tavecchio, non me. Se cambia qualcosa, bisogna chiedere prima a lui se vuole fare un passo indietro». Nella remota ipotesi, anche Albertini si farebbe da parte. Ma oggi lo scenario è tutt’altro: solo la giravolta di un club in queste ore può mutarlo. Tavecchio resiste: «Ho contro di me tutti i poteri forti, ma con me il calcio di base, i giovani e il mondo del volontariato. Il rinnovamento passa dai vivai, dall’impiantistica e dalla riforma dei campionati». Avrebbe la maggioranza dei consiglieri federali, non i voti in assemblea per le riforme