04/09/2014 09:49
IL MESSAGGERO (L. DE CICCO) - Il primo round per Tor di Valle si gioca oggi in Campidoglio. Nella delibera al vaglio della giunta ci saranno quattro clausole anti-speculazione. Ma nel progetto restano le cubature monstre giudicate dalla Regione «eccessive di due terzi rispetto al consentito», tanto che ora anche dal Pd si chiede di «intervenire per un ridimensionamento». Le associazioni ambientaliste intanto tornano a protestare contro «l’Ecomostro di cemento» che nascerebbe accanto allo stadio. Nel caos, una cosa è chiara: alle 17 la giunta dovrebbe dare il suo «sì».Ma dietro al via libera formale si nascondono un dibattito ancora molto combattuto e una serie di paletti e ostacoli molto stringenti che verranno inseriti nella delibera. Intanto le opere di pubblica utilità: il 70% dovrà essere realizzato prima che siano rilasciati i permessi per costruire stadio e centro commerciale. E se mancherà anche solo parte di queste infrastrutture decadrà automaticamente il pubblico interesse.E addio stadio.
COSTI E GARE PUBBLICHE Altro punto: anche se i costi delle infrastrutture di pubblica utilità dovessero aumentare, «tutte le opere si faranno ugualmente». E i prezzi maggiorati, a parità di cubature di compensazione, saranno a carico dei proponenti, vale a dire il costruttore Luca Parnasi e il presidente della Roma Pallotta. «E diamo per scontato che i preventivi presentati subiranno variazioni», spiega il presidente della Commissione Urbanistica, Antonio Stampete (Pd). Che conferma anche la presenza di un’altra condizione che i democrat hanno voluto a tutti i costi: le infrastrutture saranno realizzate «con gare europee pubbliche, come previsto dal codice degli appalti». Altra questione: la proprietà dello stadio. Che secondo i proponenti non sarà della Roma, ma di una holding controllata da Pallotta. Circostanza che non piace al Comune e soprattutto al Pd, animato ieri da un dibattito interno acceso. Alla fine si dovrebbe trovare la quadra attraverso una «penale rescissoria » da 190 milioni nel caso in cui il destino dello stadio e quello della Roma un domani dovessero separarsi.
CUBATURE Il Comune nella delibera inserirà anche un codicillo che vieterà il cambio di destinazione d’uso per la colata di cemento da quasi un milione di metri cubi destinati a negozi e uffici che dovrebbe nascere accanto allo stadio (portando alla newco un profitto che alcuni studi stimano fino a 800 milioni di euro). Con questa clausola i locali commerciali non potranno essere riconvertiti in abitazioni, come altrimenti permesso dal Piano casa regionale. Ma intanto le cubature restano. E resta anche (insoluta) la bocciatura della Regione Lazio. L’ente che dovrà decidere se concedere o meno l’autorizzazione definitiva all’operazione entro i prossimi sei mesi ha già fatto sapere, in sede di Conferenza dei servizi preliminare, di ritenere «eccessiva di due terzi rispetto al consentito» la superficie edificata proposta. Il Comune però ha dato appena una spuntatina (meno 10 per cento). E il fatto crea scompiglio anche nel Pd. Per il deputato Umberto Marroni «il tema delle cubature rimane inevaso e andrà affrontato dalla Regione. Questo problema, unito alla mancata proprietà della Roma, non rende sufficiente il progetto». Lapidaria la parlamentare renziana Lorenza Bonaccorsi, presidente del Pd Lazio: «Le cubature andranno ridotte nei passaggi successivi, questo è solo il primo». Anche Legambiente torna a lanciare l’allarme contro l’«Ecomostro»: «Nel progetto - spiega il vicepresidente Edoardo Zanchini - rimane un numero di cubature ingiustificabile grande quanto 9 Hilton, un mostro di cemento che già la Regione ha definito inaccettabile e a cui ora va posto rimedio».