16/09/2014 10:22
GASPORT (A. ELEFANTE) - Da un debutto all’altro: dopo Bari e Oslo, la prima uscita europea in giacca e cravatta. Antonio Conte è a San Pietroburgo con gli altri c.t. Uefa per la due giorni che da stamattina sarà dedicata alle conferenze tecniche post Brasile 2014: analisi tecnico-tattica del Mondiale e dintorni. «Ci sono colleghi top e il confronto arricchisce sempre. Si fa esperienza». Eccola, la parola chiave. Conte la ripeterà più e più volte: anche per spiegare perché aspetta risposte importanti dalla nostra stagione di coppe. Comincia la «sua» Juve, stasera.
La vede in tv? «È dura, c’è una cena ufficiale della Fifa: me la faccio registrare. Domani sera invece, volo permettendo, spero di essere a Roma-Cska».
Occhi da spettatore molto interessato. «Da c.t. si diventa tifoso dei club, non solo dell’Italia: la Nazionale ha solo da guadagnarci se fanno strada. Il primo motivo è pratico: doppio impegno campionato-Europa significa più minuti da giocare, dunque più chance per i giocatori di essere impiegati. Certe risposte si danno giocando, non stando seduti in panchina ».
E il secondo motivo? «Più strada in Europa fanno i club, più esperienza fanno i giocatori».
E nella sua Nazionale non c’è tanta gente che ne abbia da vendere: basta contare, per i titolari in Norvegia, le presenze europee con i club. «È vero: giocare le coppe significa fare un percorso, acquisire abitudine a giocare a certi livelli che poi si porta in Nazionale. Un tempo era così, negli anni scorsi invece è accaduto più o meno il contrario: si finiva per fare esperienza in azzurro. Mi piacerebbe che la tendenza potesse cambiare di nuovo».
Va cambiata anche la tendenza a sottovalutare l’Europa League? «Di sicuro non ce lo possiamo permettere. Anche in questo l’Atletico può essere un buon esempio: l’aveva vinta anche prima che arrivasse Simeone (2009-2010, ndr), e quell’esperienza ha pesato molto dopo, al momento di giocare in Champions».
La Champions per le nostre: un muro troppo alto? «Per potenzialità economiche, al momento ci sono realtà molto distanti: un tempo eravamo noi a prendere i giocatori degli altri, ora vengono a rubarceli».
E allora perché la Juve spera comunque in una buona Champions? «Perché ha fatto esperienza: quarti di Champions, semifinale di Europa League. Sono cose che poi ti restano».
La Roma ha meno «vissuto» recente... «Ma deve puntare a fare come il Napoli: girone terribile e 12 punti. Dubito che per due anni di fila si esca con 12 punti».
E in Europa League? «Si può fare strada, a patto di crederci. Il Napoli, persa la Champions, ha comunque il dovere di pensare in grande. L’Inter ha alle spalle un anno con Mazzarri e ha costruito una squadra con gente di qualità, ma anche forte fisicamente. La Fiorentina dovrà fare a meno di Rossi per un po’, ma ha una base consolidata, che non ha perso Cuadrado e guadagnato Marin, un po’ sottovalutato. La chiave per il Torino sarà gestire bene le energie fra campionato e coppa: c’è Ventura per il quarto anno, nessuno meglio di lui può sapere come ». Questione di esperienza, appunto.