18/09/2014 11:50
LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Un pirotecnico calvario è stato imposto da una squadra all’altra. La più navigata affonda. Senza un presente di sostanza, il passato è un libro bruciato. Non serve a niente se in una sera qualunque (che non è stata una sera qualsiasi) una delle due aggredisce con la fame di chi ha voglia di stupire persino i fili d’erba. E l’altra prende e perde colpi. Per mezz’ora la Roma, organismo creativamente modificato rispetto alla timida e risparmiosa versione di Empoli, ha offerto un calcio fosforescente, degno del “musical” che proveniva dalla Sud, dell’occasione speciale e delle promesse mantenute. Sul prato s’accendevano luci ovunque un figlio calcistico di Garcia si trovasse a duettare con un compagno, dovunque Nainggolan decidesse di sradicare palloni e lo avrebbe fatto anche in tackle su sua nonna se il tecnico Slutsky si fosse trovato in rosa la nonna di Nainggolan.
Il bello e il rapido, combinati, si manifestavano per le corali, le “solitarie”, le chiusure, gli assist. Ieri abbiamo ammirato la Roma che lo scorso anno, non vista in Europa, giocava in serie A ad un ritmo “europeo”, quella che per tre mesi rompeva il meccanismo degli altri e andava a segnare. Il risultato di ieri è eccellente, inatteso ma veritiero. E’ la vittoria più larga della Roma in Champions col 4-0 allo Shakthar nel 2006 (anche quella fu la prima del girone). Ma l’approccio giallorosso non è stato solo eccellente: è stato perfetto. Per vincere certe partite (soprattutto in Champions) capita di doverle tramortire alla nascita, inibendo l’equilibrio. E così, allestita da Garcia fra emozioni e tattica, la Roma ha fatto. Si presumeva che del Cska ci fosse da temere soprattutto l’abilità, consolidata negli anni, di gestire match esterni anche contro squadre tecnicamente più forti. Ma i russi non hanno avuto tempo né modo.
Mentre il suo assistente buttava giù i primi appunti, Slutsky gli ferma la penna: “Aspetta!”. Aveva appena segnato Iturbe sull’assist di Gervinho (6’). In panchina riprendono a scrivere. Non aggiungono tre parole che Gervinho raddoppia servito da Iturbe gli restituisce l’assist (10’). Smettono di scrivere. Totti vive una serata tranquilla, col cuore colmo di gioia però. Al 20’, dopo una scellerata occasione sprecata da Doumbia, innescata da due errori di Torosidis e Maicon e da una caduta di Astori, sotto gli occhi del suo ct Capello (accanto a Ranieri in tribuna, più lontani Conte e Malagò), Akinfeev regala il 3-0 a Maicon (20’). Si fa male Iturbe (coscia destra). Entra Florenzi. Gervinho cala il poker bevendosi la difesa dopo aver ricevuto da Nainggolan (31’).
Il Cska è dimesso, di una nudità tattica disarmante. Non ha mai reagito alla scandalosa inferiorità e non ha mai trovato antidoti alla lentezza dei suoi centrali difensivi. Al 5’ della ripresa Florenzi costringe Ignashevitch all’autorete di spalla (5-0). Scavando nel precipizio in cui sono finiti, i russi rinvengono tardive tracce d’orgoglio. Traversa di Doumbia al 24’, gol di Musa al 37’ e un altro gol fantasma non rilevato. Ma sono soltanto scarpetta, dentro un piatto in cui ha mangiato la Roma. A Manchester, il City dovrà fare la partita perché è a zero punti. E la Roma ha Gervinho e Iturbe. Pellegrini sa che vanno fermati. Forse non sa ancora come.