29/09/2014 09:33
GASPORT (M CECCHINI / D. STOPPINI) - «Ka-sou-mai-kep», perché due amici si salutano così. Basterà un ciao nel loro dialetto, il dioula: in Africa è parlato da un milione di persone. E tra queste pure Seydou Keita e Yaya Toure, maliano il primo, ivoriano il secondo. Così lontani così vicini, vecchi compagni di squadra al Barcellona, musulmani praticanti, divisi da Guardiola e da una Coppa d’Africa che spesso li ha costretti ad essere avversari. La Champions però li riunisce, domani all’Etihad Stadium rieccoli sullo stesso campo. Si abbracceranno, su questo non c’è neppure da scommetterci su. «Seydou è un amico, ancor prima che un ex compagno — ha raccontato tempo fa il centrocampista del City —. È una persona molto umile, ha un buon carattere e in partita gioca pulito, non vedo l’ora che le nostre strade si incrocino».
Amici contro L’incrocio è quello di Ashton New Road, City of Manchester: appuntamento al centro del campo, con il pallone che si divertirà un mondo nel vedersi sballottato dai piedi dell’uno o dell’altro. Piedi d’oro, tutti e due. Che Pellegrini e Garcia farebbero salti di gioia per aver la possibilità di schierarli insieme. E c’è anche chi ha potuto farlo: Pep Guardiola, a Barcellona, se li è goduti in coppia dal 2008 al 2010. Goduti si fa per dire, se è vero che Keita è finito per diventare il «barometro » dell’allenatore, i suoi occhi in campo, il bollino di garanzia a un gioco che avrebbe vinto tutto, in giro per l’Europa e il mondo intero. L’altro, Yaya Toure, ha invece dovuto prenotare un volo per Manchester, per andare a godersi un po’ di serenità. «Avrei voluto chiudere la carriera al Barcellona, in un anno Guardiola non mi ha mai parlato, ecco perché sono dovuto andare via», ha raccontato Yaya Toure del suo periodo catalano. E il primo a saperlo era Keita, compagno di allenamenti, serate, preghiere e Ramadan.
Con le pantofole Toure pallone d’Oro africano da tre anni fila: il primo, nel 1970, fu lo zio di Seydou, Salif. Amici nel destino. Con qualche sfida in archivio, tutte vinte da Yaya Toure, dalla sua Costa d’Avorio che ha sempre fatto male al Mali. Non è (solo) un gioco di parole: Keita sempre eliminato dalla Coppa d’Africa, quando di mezzo s’è messo l’amico Toure. Nel 2012, in semifinale, l’1-0 finale lo decise Gervinho su assist proprio dell’attuale centrocampista del City. Quattro anni prima andò anche peggio al romanista, eliminato nell’ultima partita del girone proprio per colpa del 3-0 inflittogli dall’amico. Amico sì, portafortuna non si può dire. To be continued... Domani a Manchester nuovo capitolo. E nuova maglia da titolare per Keita, l’acquisto più sottovalutato, alla quarta partita consecutiva da titolare. Garcia gli ha dato pure la fascia di capitano, lui ha ringraziato su twitter: «Indossarla in una squadra così importante è un grande onore. Non dimenticherò mai questo giorno». L’ha detto uno che in bacheca non più posto per i trofei vinti: facile allora capire perché sia entrato subito nel cuore della Roma e dei suoi tifosi. C’è chi sui social si è diverto a ribattezzarlo «Paulo Roberto Keita », facendo il verso a Falcao. Qualcun altro gli ha costruito un paio di scarpini a forma di pantofola, tanto per far capire la facilità nel comandare il gioco. Professore o Magnifico Rettore i soprannomi più gettonati: una cattedra a costo zero. Che oggi si imbarca per una lezione all’università di Manchester.