13/09/2014 11:35
CORSERA (A. ARZILLI) - «E ora le riforme». Il via lo dà il presidente federale Carlo Tavecchio al termine del suo secondo Consiglio federale che ha portato anche all’investitura ufficiale di Michele Uva come nuovo d.g. al posto di Antonello Valentini (era in Figc dal novembre 1987, e il presidente lo ha pubblicamente ringraziato). La bozza delle proposte è stata stilata ieri dal delegato alle riforme, il consigliere Lotito, ed è ora al vaglio delle componenti federali. Tanti punti, le idee non mancano ma non c’è sicurezza che fili tutto liscio. Perché, per i grandi cambiamenti, la ricetta è il taglio. Delle rose e dei campionati.
Le due cose sono politicamente correlate perché per portare come si vuole la serie A a 18 squadre, la B a 18/20 e la Lega Pro a 40, serve una maggioranza qualificata dura da conquistare in consiglio nei 2-3 anni di tempo che si è dato Tavecchio. Un po’ perché il presidente della Lega Pro Macalli non è così d’accordo alla sforbiciata dei suoi, un po’ perché l’Aic potrebbe far pesare in altri modi un riduzione così drastica dei posti di lavoro. Che l’aria sia cambiata però non c’è dubbio. E, infatti, veniamo alle rose: il progetto (entro 3 anni) prevede la riduzione a 25 giocatori ai quali sommare 8 prodotti del vivaio (cioè: otto U21, 4 con almeno tre anni di pregresso nelle giovanili del club più 4 cresciuti in altri vivai nazionali).
In pratica, gradualmente, i club che ora hanno rose da 40 elementi lasceranno a spasso una quindicina di giocatori. Ai tempi di Campana questo sarebbe bastato a far saltare il banco, oggi invece l’Aic è per un’altra linea: «Gli esuberi non fanno né il loro bene né il bene del sistema». E, comunque, non c’è garanzia che la riduzione riesca a tamponare l’invasione degli stranieri (tantissimi a livello giovanile) e a rilanciare il talento italiano. Tagliare in base alla nazionalità, del resto, non si può, i ricorsi sarebbero inesorabili. Si è deciso di puntare al modello inglese sugli extracomunitari, quello che ha portato il presidente all’inciampo su Optì Pobà: oggi i club ne possono tesserare due, ma presto almeno per uno servirà un curriculum di idoneità. «Se viene dall’Argentina è un conto, se viene da Paesi calcisticamente non rilevanti è un altro», l’impronta di Tavecchio.
L’unica cosa che non si taglia (anzi) è la proprietà. Bocciate le squadre B, si va verso la multiproprietà dei club, «una via per assicurare la crescita dei giovani », dice Lotito. Alla lunga, se non ben disciplinata, assicura anche il dubbio.