13/09/2014 12:18
GASPORT (R. PALOMBO) - Non è una partenza lampo, tipo quella di Antonio Conte, ma solo perché non si poteva fare altrimenti. La stagione delle riforme, come la chiama Carlo Tavecchio, comincia con un Consiglio federale ricco di buone intenzioni e di programmi la cui realizzazione è prevista nell’arco di un triennio. Niente fuochi d’artificio ma un «avanti piano», anzi «pianissimo», che meriterà plauso e consensi nel momento in cui si passerà dall’astratto al concreto.
La riforma dei campionati, madre di tutte le battaglie sempre per usare le parole stavolta a proposito del presidente federale, ci dovrebbe condurre a una serie A a 18 squadre, a una B a 20 (si ipotizzano anche le 18 ma si fa fatica a crederci) e a una Lega Pro ridotta di non si sa bene quante unità perché nessuno ha il coraggio di dire che da 60 si dovrebbe finire a 40. Ottimi propositi, buoni per avvicinarci al modello tedesco che prevede solo 54 squadre professionistiche contro le nostre attuali 102. Peccato solo che tra crisi federale e estate bollente sia andato perduto un altro anno, perché la speranza di vederla realizzata si sposta giocoforza dalla stagione 201617 a quella successiva. Senza che per ora sia stato fatto il minimo passo avanti sui meccanismi di promozione e retrocessione tra A e B, tema che divide le due Leghe da mesi, con quella di A che a nostro avviso gioca eccessivamente a un conservatoristico ribasso. Per quanto ci riguarda: due promozioni e due retrocessioni, senza spareggi intercategorie troppo penalizzanti per chi viene dal basso, rappresenterebbero la giusta via di mezzo.
Sulla riduzione delle rose, tema forte della campagna elettorale di Tavecchio ma anche di quella di Albertini, l’accelerazione a parole c’è visto che si parla di possibile attuazione a partire dalla prossima stagione. Ma poi, inevitabili, ecco intervenire criteri di gradualità perché basta dare una scorsa agli attuali organici di mezza A per comprendere che per arrivare ai 25, 8 dei quali provenienti dai vivai, ci vorrà molta buona volontà. E pure un bel po’ di fantasia. La limitazione delle rose, peraltro, non sembra destinata ad arginare l’inflazione di stranieri, il vero cancro del nostro calcio. Lì, con l’Unione Europea che non vuole sentire ragioni sul fronte libera circolazione dei giocatori comunitari, le misure «limita extracomunitari» sembrano un tantino annacquate, visto che già al primo round si comincia a parlare di un solo extra «modello inglese », importabile cioè in presenza di un curriculum di accertato valore, mentre per il secondo extra si continuerebbe ad avere mano libera.
Il quadro, come avrete capito, è in chiaroscuro ma poiché siamo in presenza di un lungo cammino, e di un’inizio di calcio giocato che tra Nazionale maggiore e Under 21 è stato a dir poco scoppiettante, le aperture di credito sono doverose al pari dell’affettuoso commiato ad Antonello Valentini e del benvenuto a Michele Uva, nuovo direttore generale di estrazione Coni Servizi, uno che in Uefa è conosciuto e ascoltato. Resta il fatto che la vera grande (e un tantino sconcertante) novità di ieri è stato vedere Claudio Lotito al tavolo ovale della conferenza stampa post Consiglio, al fianco di Tavecchio. Con in mano la delega per le riforme e con una dialettica migliore di quella del suo presidente, una cosa è certa: sempre meglio lì che in campo, in mezzo ai piedi di Conte e De Rossi.