11/09/2014 10:01
IL MESSAGGERO (U. TRANI) - «Datemi un po’ di tempo: più della metà dei giocatori non è nemmeno andata al mondiale». Contro la Norvegia 8 su 14 (5 titolari): Ranocchia, Astori, Florenzi, Giaccherini e Zaza. In corsa Pasqual, Destro e Poli. La nuova realtà è davanti agli occhi di tutti e soprattutto ai suoi. Antonio Conte, nonostante le due vittorie di fila, crede davvero di essere solo all’inizio. Non è questione di modestia, visto che appena può si definisce vincente. Essendo pignolo e maniacale, sa che in nove giorni non è possibile che l’Italia sia già squadra. Almeno non per lui. Per l’opinione pubblica sì. La partenza della sua Italia dà forza alla Federcalcio che lo ha scelto, anche contro la storia azzurra, con quell’ingaggio da 4 milioni netti (2 dallo sponsor tecnico) che tanto ha fatto discutere. Oggi non si parla più di stipendio, ma di rinascita. In un mese scarso.
NUOVO RUOLO Conte resta allenatore pur non potendo avere quotidianamente i giocatori a disposizione. Si deve accontentare di pochi giorni al mese. Ma vuol dimostrare, a chi ha dubbi, di riuscire a lavorare proprio come prima. Anche da ct. La differenza è nei concetti da approfondire con il gruppo. Non possono essere tanti: non ci sono abbastanza sedute per svilupparli. Ne dà due o tre e su quelli insiste. In sala video o in campo. Le due vittorie contro l’Olanda e la Norvegia diventano pure le prime risposte a chi gli ricorda che in Europa, dopo i due fallimenti con la Juve in Champions, deve ancora dimostrare di essere all’altezza. Del nuovo compito e in assoluto. Per Conte, però, quelle eliminazioni non sono bocciature: il Bayern che lo buttò fuori agli ottavi ha poi vinto il trofeo, così come il Real, inserito nel gruppo della Juve che si è arresa solo sulla neve di Istanbul.
RAPPORTI E SCHEMI Come ha raccontato De Rossi, il ct preferisce che gli azzurri siano concentrati solo sull’aspetto sportivo. Sulla tattica, in particolare. E li coinvolge tantissimo. Chiamandoli per nome. E spesso complimentandosi con loro. «Bravissimo Ale. Bel gol». Inserimento e finalizzazione di Florenzi, elogiato in allenamento a Coverciano. Il romanista come altri. Un pomeriggio si è dedicato solo a Verratti, chiuso da De Rossi (e Pirlo). Conte non è amico dei calciatori. Non li frequenta fuori. Ma gli sta sempre accanto in ritiro. Per spiegare loro il suo calcio. È raggiante perché gli azzurri recepiscono: la difesa è imbattuta perché gli interpreti sanno che cosa fare e i 4 gol sono venuti con azioni studiate con immagini e addestramenti (compreso il rigore di De Rossi contro l’Olanda, conquistato da Zaza su lancio del romanista). Niente di casuale. Come i movimenti delle punte, le palle inattive da sfruttare dove gli avversari sono più deboli e le verticalizzazioni immediate «Non voglio spettatori». Appena può lo urla. E’ il grido di battaglia. «Ho parlato di fame. Non mi riferivo solo a Zaza, Darmian e Immobile. Per loro è normale. A stupire sono i campioni come Buffon, De Rossi, Chiellini che voleva restare. Con me, bisogna avere il fuoco dentro. Io sono il primo affamato. Con il mio esempio e quello di chi sta qui da tempo, mi auguro che questa voglia rimanga».
BYE BYE SUPERMARIO Conte elenca i big, ma sono i ragazzi ad aver rivitalizzato l’Italia. Quelli giusti, però. Balotelli oggi è più lontano e non perché ora vive a Liverpool. Meglio altra gente, meno ricca e meno famosa. Giaccherini che all’estero è andato per giocare o Florenzi che, titolare a Oslo, è riserva con Garcia. Difficile farli fuori: «Questo gruppo mi ha conquistato: sono stati giorni molto belli. Non ho preclusioni per nessuno. Andrò in giro a cercare altri calciatori oltre a questo gruppo di venticinque-ventisette giocatori. Ma chi verrà dovrà fare come quelli che ci sono stati ora». Gli piacciono Gabbiadini e Sturaro, valuterà caratterialmente Berardi.