26/09/2014 09:42
IL TEMPO (A. AUSTINI) - C’era un tempo in cui i campionati si vincevano innanzitutto nei corridoi del Palazzo. Che fosse la Juve della triade, il Milan di Berlusconi e Galliani o la Roma di Franco Sensi, era impossibile vincere senza cercare speciali «protezioni» o intavolare manovre per scardinare il potere altrui . Sui danni prodotti da quel sistema corrotto si sono espressi i tribunali sportivi e non, adesso non c’è dubbio che si sia aperta una nuova era.
Lo dice la classifica comandata da Roma e Juventus, che sono anche le due principali oppositrici del nuovo governo del pallone controllato da Tavecchio, Lotito e Galliani. Sembrerebbe, quindi, che nell’era post-Calciopoli conti di più avere una strategia societaria accurata e, di conseguenza, possedere i migliori calciatori per restare stabilmente in vetta. Questo non significa che la battaglia per rivoluzionare il sistema si arresterà, anzi. Roma e Juventus stanno tuttora studiando la possibilità di organizzare un nuovo «ribaltone» senza però intravedere al momento i margini. Le due società si rispettano, si temono ma non si considerano alleate bensì «casualmente» in sintonia sulle soluzioni per risollevare un campionato alla deriva.
Intanto si godono le loro squadre belle e vincenti. Dopo il torneo scorso rimasto in sospeso (quasi) fino alla fine, si è ripartiti da loro. Soltanto loro: a parte l’Inter a -4, le altre «grandi» sono già lontane. Per Roma e Juventus quattro partite più una di Champions a testa, cinque vittorie e la sensazione netta che il divario con le altre concorrenti della serie A sia rimasto immutato rispetto allo scorso anno. Se non aumentato. Lo dice ad esempio la graduatoria del monte ingaggi, guidata dai bianconeri davanti al club di Pallotta che paga i suoi giocatori più delle milanesi. Entrambe hanno limitato le cessioni - Benatia il sacrificio giallorosso, Vucinic e gente di contorno gli addii juventini - e hanno badato a rinforzare le rispettive panchine. Garcia e Allegri hanno potuto schierare venti giocatori a testa in questo avvio di stagione, non potendo ancora contare su campioni del calibro di Pirlo e Strootman. La Juve ha una difesa solidissima e ancora imbattuta, De Sanctis ha raccolto invece appena due palloni nella rete: uno a giochi fatti col Cska Mosca in Champions, l’altro a Parma reso innocuo dalla magia di Pjanic allo scadere. Lo «Stadium» e l’Olimpico restano due fortini quasi inespugnabili, mentre in trasferta finora i successi delle capoliste sono stati tutti di misura. Aspettando lo scontro diretto del 5 ottobre a Torino che può spostare per la prima volta l’equilibrio del torneo, i due allenatori si sono ritrovati in collegamento televisivo su Sky dopo le vittorie di mercoledì. E Garcia non ha gradito, visto che aspettava già da parecchi minuti il suo turno per l’intervista e non era stato avvisato del siparietto organizzato con Allegri. Questione di carattere. Prima delle gare era toccato ai direttori generali Baldissoni e Marotta scambiarsi i complimenti in diretta. Insomma la sfida a distanza è ricominciata senza veleni. Per adesso.
Anche i capitani lanciano messaggi di reciproco rispetto. Se Totti parla di una «Juve favorita», il suo amico Buffon riconosce che «sarà dura ripetersi anche quest’anno contro una Roma così forte. Loro - dice il portiere - sono in testa alla classifica con merito insieme a noi. La Roma ha forza e consapevolezza, che si acquisisce con le vittorie, le prestazioni e i risultati. Quest’anno si è pure rinforzata e se dovesse vincere alla fine lo farebbe con merito, ma noi non molliamo la presa». A Trigoria la pensano allo stesso modo. Se poi vinci partite come quelle di Parma, la fiducia non può che aumentare.