28/10/2014 09:29
IL MESSAGGERO (M. LOMBARDI) - Una sciarpa di lana giallorossa sul legno bianco, quasi più lunga della bara. Erano tutte troppo grandi le sciarpe della Roma per Cristian e anche le bandiere che allo stadio sventolavano con lui, ingovernabili tra le mani di un bambino. In chiesa entra prima il figlio e poi il padre, gli amici che li sorreggono sembrano schiacciati da un peso che non c’è. Davanti all’altare sono uno accanto all’altro, avvolti da magliette della Magica grandi e piccole, corone di rose con i colori delle domeniche all’Olimpico, quelle che poi finivano in uno scatto da inviare sul cellulare alla mamma, eccoci. Era stato così anche per l’ultimo sorriso, non c’era da sorridere ma era solo per tranquillizzare lei, Roma-Bayern, una partita senza ritorno. Mamma Luana è in ginocchio, cerca di abbracciare le due bare insieme e fa dondolare il suo strazio, una madonna con la sciarpa e i capelli raccolti in una coda. Solo nelle foto riesce ad accarezzarli tutti e due con una sola carezza, lì padre e figlio sono vicini, si stringono e li stringe anche lei. Non c’è spazio per tutti nella chiesa di Gesù Maestro, a Tor Lupara (frazione di Fonte Nuova), e allora anche la via Nomentana diventa una chiesa, la strada che li ha ”uccisi“ adesso si ferma per benedirli. Non passano macchine la mattina del funerale di Cristian, 7 anni, e del padre Stefano De Amicis investiti da una macchina mentre tornavano dallo stadio. La strada è chiusa, così come i negozi, si prega accanto all’altare ma anche sui marciapiedi e sui gradini.
LE CROCI – Intorno a Cristian e al suo papà ci sono i pulcini 2006 della polisportiva Fonte Nuova, la squadra dove giocava «il portierino», e i giocatori più grandi del Santa Lucia, compagni del papà. Per la As Roma ci sono gli allievi e uno stendardo accanto a quello del Comune di Fonte Nuova. «Un tempo si passava sulla via Nomentana e si incontravano le croci dei primi cristiani», dice nell’omelia don Vito Gonelino, «adesso si incontrano le croci e i ricordi delle tante vittime della strada. La speranza è che Cristian e Stefano non siano morti invano, che ci sarà giustizia e i nostri amministratori facciano in modo che questa strada diventi più sicura. Ora cominceremo a essere cittadini più responsabili quando usiamo i mezzi di trasporto». Anche questa, dice don Vito, è la speranza. Tifare è un po’ come pregare, «una liturgia umana, e mi piace pensare al piccolo Cristian che prima cantava per la sua Roma ora canta per Gesù».
L’INNO - Se ne vanno tra gli applausi, il padre e il figlio, quando sono sul piazzale volano i palloncini romanisti, gialli con il nome di Cristian e rossi con quello di Stefano, e i fumogeni della curva colorano l’aria. Hanno tinto per loro un cielo senza nuvole mentre l’inno di Venditti «Roma, Roma….» li accompagna e gli amici cantano, anche questa è una preghiera. Mamma Luana segue il corteo con in mano tre palloncini a forma di cuore e lo stemma della Roma, fino alle macchine che porteranno il padre e il figlio al cimitero di Prima Porta. Cristian e Stefano continuano a sorridere insieme dagli striscioni all’ingresso della chiesa, «Non vi dimenticheremo mai», e sui manifesti appesi davanti ai negozi chiusi. Una maglietta della Roma sul muro, tante rose gialle e rosse tra le mani dei bambini. C’è un manifesto gigante, padre e figlio al mare, «Voi…..». Chi vuole lascia un ricordo. «Ciao Ste’, cia Cri’. Daje Roma daje». «La curva sud non vi dimenticherà mai», la curva è lì anche con uno striscione. «Riposa in pace piccolo Cristian con il tuo papà. Una mamma». «Ciao bellissimo e sempre forza Roma». Questa mattina di lacrime ha i suoi colori.