04/10/2014 11:08
GASPORT (C. ZUCCHELLI) - Lo Juventus Stadium è sempre stato maledetto per lui: non soltanto non ci ha mai vinto, ma lo scorso anno ha subito un infortunio al ginocchio che ne ha condizionato il rendimento per gran parte del girone di ritorno. Miralem Pjanic parte oggi per Torino con una valigia piena di voglia di rivincita, lui che piace — e da sempre — a Massimiliano Allegri così come piace — e da sempre — a Rudi Garcia. Uno se lo ritroverà da avversario, con l’imperativo per i suoi giocatori di lasciargli poco spazio per i calci piazzati; l’altro lo avrà, come al solito, punto fermo di una Roma costretta a non cambiare mai il suo centrocampo.
Fiducia «Ci mancano tanti calciatori, è vero. Ma siamo in grado di andare a Torino a fare una grande partita, nonostante tutte le difficoltà che incontreremo», ha detto il bosniaco, intervistato dal sito Sport.ba direttamente nella pancia dell’Etihad di Manchester. Non ha paura a nascondersi, Pjanic, perplesso martedì sera per la sostituzione del suo amico Dzeko («stava giocando un’ottima partita») che ritroverà in nazionale da lunedì. Prima però c’è la Juventus, il centrocampo più forte d’Italia da affrontare e un tabù da infrangere: «La Juve ha tanti giocatori bravi, ma noi non abbiamo nulla da temere. A Manchester abbiamo dimostrato che possiamo giocare con i migliori club del mondo».
Il Futuro Proprio quelli che lo vorrebbero il prossimo anno e che sono pronti a mettere sul piatto almeno 45 milioni per strapparlo alla Roma. In Inghilterra, l’Arsenal lo tenta da anni; in Francia, il Psg sogna di affiancarlo a Verratti e Matuidi; il Bayern Monaco di Guardiola lo segue continuamente e Luis Enrique, l’uomo che lo ha portato alla Roma, sogna di riaverlo con sé quanto prima. Pallotta e Garcia però se lo tengono ben stretto dopo il rinnovo da oltre 3 milioni l’anno siglato in primavera e non solo perché è l’unico acquisto dell’era americana sopravvissuto dal 2011 ad oggi. «Ormai — ha detto ancora Pjanic — abbiamo una certa esperienza e sappiamo come gestire certe partite. A Manchester, dopo il rigore, siamo rimasti calmi, abbiamo continuato a fare il nostro gioco e non abbiamo mai perso la concentrazione. Anche da queste cose si capisce che una squadra sta bene».
Derby Anche Miralem sta bene: il gol vittoria contro il Parma gli ha ridato un po’ di quella sicurezza che il rigore sbagliato con la Bosnia contro Cipro gli aveva tolto. «È colpa mia — aveva detto subito dopo il fischio finale — e mi assumo la responsabilità di questa sconfitta. Adesso dobbiamo fare punti e io devo dare il massimo, so quanto sono importante per la mia nazionale e per tutti i tifosi del mio paese». Le occasioni non mancano: la Bosnia affronterà Armenia e Belgio, per una sfida tutta in famiglia il 13 ottobre contro Nainggolan. Entrambi vogliono vincere, la Roma sarà spettatrice interessata considerando che 8 giorni dopo all’Olimpico arriverà il Bayern Monaco. E, come ha detto Pjanic, «giochiamo a calcio per vivere certe partite».
Questione di Feeling Lui, che al Bernabeu ha segnato a vent’anni, in genere non le sbaglia. Per questo piace ai media di tutto il mondo (a Trigoria arrivano decine di richieste al giorno per lui) e per questo ha conquistato fin da subito un giocatore come Keita, che pure in carriera ha avuto a fianco gente come Xavi, Iniesta e Yaya Toure, e che quando ha il pallone tra i piedi, anche a Trigoria, ha in Pjanic uno dei suoi interlocutori privilegiati. E non è neanche difficile capire il perché.