Ettore Viola, figlio dell’ex presidente Dino: «Calciopoli non ha cambiato nulla»

07/10/2014 11:47

CORSERA (G. PIACENTINI) - «Ero convinto che Calciopoli avesse cambiato le cose, invece vedo che il discorso torna ». A parlare, il giorno dopo -Roma, è Ettore Viola, il figlio di Dino, indimenticato presidente del secondo scudetto giallorosso (1982-83), il primo in Italia che sfidò il potere della e della famiglia Agnelli, trasformando la «Rometta» in una squadra di livello internazionale, piena di grandi campioni e in grado di giocarsela alla pari non solo in Italia con i bianconeri ma di arrivare persino in fina l e di Coppa de i Campioni contro il Liverpool nell(‘84).
La rivalità è di nuovo di moda, le polemiche roventi di un tempo non si sono mai del tutto placate e ora sono prepotentemente di attualità, soprattutto dopo gli episodi che hanno condizionato la gara dello Stadium e le parole («Finché ci sarà la arriveremo sempre secondi») di
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Cosa pensa delle parole del capitano romanista? «Che non è cambiato molto dai nostri tempi. Quando andavamo a giocare a Torino contro la , mio padre faceva capire ai giocatori che si entrava sull’1-0 per loro. Bisognava ribaltare il risultato, la a quei tempi godeva di tante protezioni».

Oggi è ancora così? «La situazione è cambiata di poco, mi dispiace per i tifosi e per la squadra che meriterebbero maggiore considerazione. Nel calcio può succedere di tutto, ma tre svarioni così importanti per una partita così significativa lasciano perplessi».

Pensa che ci sia malafede da parte degli arbitri? «Negli anni ’80 molti arbitri erano in malafede e ci sono sentenze e radiazioni che lo confermano, se ancora oggi fosse così sarei sgomento. Penso di più alla sudditanza psicologica, altrimenti sarebbe grave».

I calciatori romanisti in panchina sono stati insultati dai tifosi bianconeri, a lei e a suo papà successe lo stesso. «Gli epiteti non sono cambiati, il romanista viene sempre malvisto in tutti gli stadi soprattutto al nord. In quello stadio i giocatori sono a contatto con il pubblico, determinate esuberanze dei ragazzi della Roma sono state male interpretate. Noi prima di andare a Torino prendevamo il Tavor, per essere irreprensibili in tribuna autorità avevamo un comportamento in stile inglese. Una volta uscendo dallo stadio fummo offesi ma non picchiati come erroneamente si crede, intervenne la polizia. Mio padre era temerario e non si tirava certo indietro».

Quella tra e Roma, a livello di potere, è sempre una sfida impari. «Noi eravamo la famiglia Viola contro la Fiat, che a quel tempo era una cosa straordinariamente importante. Mio padre si rapportava direttamente con l’avvocato Agnelli, e mal sopportava le intromissioni di Boniperti che era “solo” un manager. I rapporti di forza, però, all’epoca erano di 100 a 1, oggi come oggi dovrebbe essere più facile per la Roma recuperare peso politico. Non c’è più la differenza di una volta, anche se la partita di domenica ha dimostrato il contrario».