10/10/2014 09:42
IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Se c’era un nome sicuro (tra gli altri) da cui Antonio Conte sarebbe ripartito era quello di Alessandro Florenzi. Perché l’ex allenatore della Juventus lo avrebbe voluto volentieri a Torino, esattamente nel periodo in cui la Roma lo stava riacquistando (una valorizzazione valutata più di un milione) dal Crotone, era l’estate del 2012. La Juve era alla finestra, pronta all’offerta, aspettava eventuali (in quel momento anche possibili) ripensamenti di Sabatini. E Florenzi, infatti, è dentro all’azzurro dal primo giorno, da quando Conte ha diramato la prima lista dei convocati per l’amichevole di Bari con l’Olanda e per la prima di qualificazione per Euro 2016 a Oslo con la Norvegia. Se Alessandro non è un titolare in azzurro, poco ci manca, perché c'è Conte. Con il vecchio ct Prandelli è stato diverso: la maglia della Nazionale è stata illusoria.
UN JOLLY PER TUTTI - Le doti di Florenzi sono ormai note, anzi di dote ne ha una che vale per tante: sa fare tutto. Nella Juve, Conte lo avrebbe schierato come esterno, almeno questa era la sua idea di partenza; ora fa la mezz'ala, così lo impiegava Zeman nella Roma. E adesso in giallorosso gioca da attaccante-equilibratore. Per non parlare poi della mini esperienza estiva da terzino in attesa del miglior Maicon. Spesso Ale si è lamentato per questo, ha pensato che il saper far tutto, nel tempo porterà a far credere di non saper fare niente. Un classico. Per adesso Ale regge, la Nazionale è un’abitudine è un bel pezzo di Roma l’ha ormai conquistata. Stasera giocherà la sua terza partita da titolare con l’Italia (con Armenia e Norvegia le due precedenti), nei 277 minuti complessivi disputati (e un gol, 15 ottobre 2013, a Napoli contro l’Armenia), la maggior parte sotto la gestione Prandelli, con cui ha esordito (Parma, Italia-Francia, 14 novembre 2012).
MALUMORE PERSISTENTE - Alessandro è un altro figlio di Roma, un ragazzo che è diventato uomo con Zeman e Garcia dopo aver ha fatto la trafila nelle giovanili fino a indossare la fascia di capitano della Primavera. E' uno di quelli che guadagna di meno e uno di quelli che, la scorsa estate, più di altri era stato messo in discussione: l'arrivo di Iturbe lo ha fatto tremare. Ipotesi precariato. Florenzi ha ritenuto opportuno andare a parlare con Garcia. «Che ne sarà di me?», domanda lecita di Ale. «Tranquillo, sei alla pari degli altri», la risposta rassicurante di Rudi. Mezzo sorriso è stato ritrovato da quel momento, l'altro mezzo quando apporrà la firma sul nuovo contratto (1,5 milioni circa, non più 700 mila). L'accordo arriverà, dicono. Florenzi aspetta. Ma tutto questo non gli ha impedito di essere in campo il solito impagabile Florenzi. Detto che si è riconquistato la Nazionale, nella Roma ha fatto il suo e anche di più: otto partite, sei di campionato e due di Champions, Florenzi (è impossibile sentirsi titolare nella Roma di quest'anno) è il dodicesimo uomo. Florenzi ha una media di 49 minuti giocati a partita. Ha segnato due reti (con Cagliari, diventando il nipote d'Italia per il bacio alla nonna in tribuna e con il Verona), ha tirato 5 volte nello specchio e 2 fuori, ha creato tre occasioni da rete e crossato nove volte in tutto. Si merita un bacio. Non solo dalla nonna.