14/11/2014 08:33
LA REPUBBLICA (M. M,ENSURATI) - Se la Fifa si fosse informata meglio sul profilo dell’uomo che aveva scelto per investigare sul malaffare che ha presumibilmente inquinato le assegnazioni delle due prossime coppe del mondo di calcio in Russia (2018) e in Qatar (2022), forse oggi non saremmo arrivati a questo punto di «casino totale». Sarebbe bastato dare un’occhiata distratta al curriculum dell’ex procuratore di New York, Michael J. Garcia, e Blatter & co. avrebbero potuto conoscere quale era il soprannome che si era conquistato sul campo il loro nuovo investigatore, lo “Sceriffo di Wall Street”. Gli indagati della city se lo ricordano ancora oggi come “un cane da caccia al potere”, un tipo spietato come può esserlo solamente chi ha combattuto da quelle parti il terrorismo islamico nei giorni successivi al 11 settembre. Compito per il quale Garcia è finito nella “Guantanamo list”, un elenco di cittadini usa banditi da Mosca con l’accusa di essere dei torturatori, fatta stilare da Putin.
E invece, evidentemente, nel 2012 la voglia di cancellare con un “nome grosso” ogni imbarazzo sullo scandalo nascente intorno alle assegnazioni a Russia e Qatar, fu più forte della prudenza atavica di quei navigatori esperti che sono i papaveri Fifa, e così il guaio è stato inevitabile. Due anni dopo, cioè ieri, un minuto esatto dopo che l’organismo che controlla il calcio mondiale ha annunciato che l’inchiesta di Garcia si è conclusa con un nulla di fatto, con la solita formula «molte cose inopportune ma nessuna irregolarità», e insomma, che quelle assegnazioni sono pulite e che dunque i mondiali si potranno tenere nelle sedi previste, lo “sceriffo di Wall Street” ha tirato fuori la pistola dalla fondina e ha accusato la Fifa di aver manipolato le conclusioni delle sue indagini.
«La decisione di oggi - ha scritto Garcia in un comunicato in cui ha annunciato di voler ricorrere in appello - contiene molto materiale incompleto ed erronee rappresentazioni dei fatti e delle conclusioni a cui sono giunto nell’Investigazione». Un malloppo di 430 pagine, pieno, a quanto pare, di prove schiaccianti e testimonianze dirette ottenute garantendo l’anonimato. Promessa che Garcia a questo punto si è detto disposto persino a tradire pur di vedere pubblicate e convalidate le sue accuse. La Fifa invece si oppone, col motivo della privacy, convinta che siano sufficienti le 42 paginette di riassunto con cui ha accompagnato la decisione presa dal giudice tedesco Joachim Eckert.
Nella relazione originaria ci sarebbe di tutto. Dai computer dello staff russo distrutti subito dopo le elezioni (sono sparite numerose mail) agli «svariati pagamenti impropri» elargiti dal Qatar a favore di dirigenti di alto livello del calcio africano e in generale in giro per il mondo. Il Qatar ha finanziato il congresso del calcio africano in Angola nel 2010, per un milione e ottocentomila dollari, e un’altra enorme somma (non ancora quantificata) è stata pagata all’Argentina per giocare un’amichevole a Doha contro il Brasile, lo stesso anno. Comportamenti che però assicura Eckert - in nessun caso hanno infranto i regolamenti e che comunque non sono mai stati collegati con assoluta certezza alla competizione per aggiudicarsi l’organizzazione dei mondiali.
Ma nei guai sono finite anche le candidature sconfitte di Inghilterra e Australia. Gli inglesi in particolare sono stati accusati da Garcia di aver cercato di “lusingare” il presidente della Concaf Jack Warner con una cena da 35mila sterline, e per aver offerto un lavoro part time a una persona a lui vicina. Anche in questo caso, nessuna regola infranta, secondo la Fifa. Non secondo lo Sceriffo.