05/11/2014 08:38
LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Soltanto un anno fa il suo futuro era perso in una nube d’incertezza alimentata dalle correnti provenienti dalla Francia. Oggi, per rialzarsi e cancellare in una notte tedesca il disastroso 7-1 subito due settimane fa, la Roma prova a affidarsi proprio a lui. Stasera, all’Allianz Arena, Garcia chiederà a Miralem Pjanic di farsi carico della squadra: sarà il regista dell’inedito 4-4-2 con cui l’allenatore di Nemours pensa di giocare la partita del riscatto. Ma al bosniaco, forse l’interprete più fedele che l’allenatore abbia trovato a Roma per la propria idea di calcio, chiederà anche di reinventarsi. Di diventare primo marcatore, guidando il pressing sui registi del Bayern. Ispiratore e mediano in pressione sui piedi buoni al servizio di Guardiola, da Lahm a Xabi Alonso. «Abbiamo imparato dagli errori, non ripeteremo la gara dell’andata », giura il trequartista che studia da Totti. Una guida a cui Pjanic continua ad affidarsi dentro e fuori dal campo. Un modello, per presente e futuro: dalla capitale Miralem non è mai voluto andare via, anche quando lo scorso gennaio il Psg bussò offrendo 35 milioni di euro alla società e un quadriennale da 4 milioni a stagione a lui. «No, grazie», merito anche di quel rapporto con il capitano, che candidamente ammette di avere «un debole per Pjanic». Al punto da avergli suggerito personalmente di sbrigarsi a firmare il nuovo contratto: «Non te ne pentirai». E non se ne è pentito, al punto da invertire un trend negativo. Accolto con entusiasmo nel 2011, precipitato attraverso una fase di scetticismo fino a sfiorare l’astio dei romanistiper una frase sull’amico Lulic dopo il tragico 26 maggio. Come canta Vasco Rossi, «quando tocchi il fondo vieni su, vieni fuori oppure non ci vieni più». Adagiarsi o risalire, Pjanic ha scelto la seconda strada: sarebbe stato semplice ricominciare altrove, offerte (a partire dall’Atletico Madrid) non mancavano. Ma ha scelto Roma, ha conquistato Garcia al punto da farsi preferire all’idolo di casa, Erik Lamela, quando c’era da scegliere chi tenere e chi sacrificare sull’altare dei conti in rosso.