22/01/2015 09:03
GASPORT (M. CECCHINI) - Ammettiamolo, quando siamo sotto pressione può capitare a tutti. «A volte ho delle idee che non condivido », diceva infatti con ironia Woody Allen. Ecco, l’impressione è che il Rudi Garcia 2.0 – quello della seconda stagione in Italia – causa stress imprevisto e al netto dei fischi dell’Olimpico (i primi), stia facendo parzialmente evaporare quel capitale di simpatia generalizzata che ha accumulato nel suo primo anno alla Roma.
FAIR PLAY ADDIO Pensateci. Nel gennaio 2014 la squadra giallorossa era sempre seconda in classifica e in corsa in Coppa Italia, errori arbitrali ai propri danni ne aveva avuti, ma l’allenatore francese si era distinto sempre per eleganza, anche quando la piazza ribolliva. «Gli arbitri? Possono sbagliare come tutti». Quest’anno invece le cose sono andate in modo diverso. Consumata subito la grande sfida contro la Juve – con la relativa coda di proteste non certo infondate – Garcia più volte aveva agitato il fantasma di quella partita. «Tre gol irregolari, un match che non dimenticherò mai», e via riesumando. Il fatto è che poi la ruota arbitrale si è rovesciata e così sono arrivati una serie di episodi a favore (i due gol col Sassuolo e il rigore mancato per l’Udinese su tutti) culminati nel rigore di Coppa Italia con l’Empoli. E che cosa è successo? Semplice. Il Garcia 2.0 non è stato disposto a fare concessioni: tutto quello che ci è stato dato è stato giusto.
MODULI E CORSA Il risultato è che l’enorme bacino di tifo compattamente anti-juventino, che aveva adottato il francese, è rimasto deluso. Non solo. Ma visto che i tifosi giallorossi non ci tengono ad essere accomunati a «ruberie», ieri in centinaia hanno scritto sul sito dell’Empoli per chiedere scusa, plaudendo a una serie di fotomontaggi che vedevano Sarri fare il gesto del violino proprio come aveva fatto Garcia contro la Juve, mentre l’hashtag «er sistema » su twitter spopolava. Il senso del massaggio era chiaro: «Non vogliamo vincere così». Vero che la dirigenza della Roma ieri ribadiva la giustezza del rigore di Coppa facendo circolare un video dell’episodio da altra angolazione, però nel complesso l’opinione collettiva non è stata scalfita soprattutto alla luce di due elementi: il giudizio informale giunto dal mondo arbitrale (non era rigore) e i commenti privati di tanti calciatori giallorossi (non era rigore), che lo hanno ammesso anche ai colleghi empolesi. E allora perché Garcia non ha ammesso l’evidenza? Mediaticamente parlando, è ovvio che se si è obiettivi, poi quando capiterà di lamentarsi, si riuscirà più credibili. Morale? «Garcia si è italianizzato», aveva commentato Pozzo dopo la partita di Udine. E a Trigoria in tanti confermano («capitelo, un anno di veleni segnano tutti»), anche se spiegano come martedì abbia risposto «di pancia» e che tornando indietro non parlerebbe più di «rigore netto».
FACCIA A FACCIA Nel gruppo qualcosa non va. In tanti si lamentano di eccessiva stanchezza e la preparazione (infortuni muscolari: 18) è di nuovo sotto accusa. Ma anche dal punto di vista tattico qualche dubbio viene sussurrato. In due partite si sono visti tre moduli diversi (4- 2-3-1, 4-3-3 e 4-3-1-2) tutti con esiti diversi, mentre alcuni dei grandi vecchi arrancano (Maicon e Cole) e le giovani promesse si vedono col contagocce (Paredes, Ucan, Sanabria). Che l’insicurezza affiori, poi, si nota in un particolare: prima dell’Empoli per la prima volta Garcia ha voluto fare un allenamento di rifinitura vero e proprio. E nel faccia a faccia di ieri con la squadra ha detto: «Qui l’ambiente difficile, ma dobbiamo dare di più». Entrambe le affermazioni sono corrette.