02/01/2015 12:33
CORSERA (M. SIDERI) - Finita la partita, anche fuori dallo stadio, quelli dell'Empoli — poveracci — possono contare solo su 3.119 fan su Facebook (senza offesa: siamo sicuri che sono pochi ma buoni). Ma i superclub con seguiti di proporzioni bibliche, Milan e Juventus in prima fila, hanno già iniziato da tempo la trasformazione dei tifosi in «like» e dollower». È il nuovo esercizio da pietra filosofale: l'ultima frontiera della calcionomics. E l'obiettivo delle società calcistiche in questo nuovo sport nazionale degli italiani, il «cucca-clicca», inutile dirlo, è come farci soldi. Sulla carta quello tra football e social network è il connubio perfetto: fan sfegatati pronti a tutto, numeri a sei cifre, calciatori star capaci, come Ronaldo, di avere 32,3 milioni di follower su Twitter. Praticamente, come un'industria. Simon Kuper ha raccontato sul «Ft» che quando, qualche anno fa, la stessa Facebook chiese al manager dei diritti d'immagine del calciatore portoghese di aprire una pagina con un potenziale di 10 milioni di fan questo rispose: «Impossibile: è la dimensione dell'intero Portogallo!». Oggi Ronaldo ha superato i 10o milioni...
Le pagine ufficiali di Facebook del Milan hanno quasi 24 milioni di persone che hanno cliccato sull'invenzione del secolo, il pollice del like. Quelle della Juventus viaggiano sopra i 15 milioni. Inter, Roma e Napoli, rispettivamente, 4,43 milioni, 4,1 e 3,2. Sono numeri lontani dalle prime in classifica al mondo: Barcellona, Real Madrid e Manchester viaggiano sull'iperuranio con 79, ?7 e 61 milioni di like. Anche gli eroi del campionato italiano o della Nazionale azzurra incominciano a girare, ma lontani dalle vere star: tra i più seguiti in Italia c'è Mario Balotelli (a36 milioni di follower su Twitter) che, per inciso, ogni tanto ne combina una delle sue anche sui social. Poi c'è Buffon che ne ha 1,74. Cuadrado 1,44. El Shaarawy 1,2. Chiaro che la visibilità nel campionati europei conta più del seguito nazionale per evitare il dilemma del manager dei diritti di Ronaldo. Ma è anche una questione di investimenti: i principali club italiani si sono rivolti negli ultimi anni ai cacciatori di teste per assumere degli specialisti di social media. Ma la via verso il social football è lastricata di inganni. Situazione tipo: immaginate di essere allo stadio, armati con il vostro smartphone di ultima generazione, fotocamera da 10 megapixel. Siete a pochi passi dalla rete. E un attimo: il vostro idolo smarca, tira. Goal! Avete ripreso tutto, secondi che valgono oro. Una rete a banda larga spostata per la partita proprio intorno allo stadio per reggere l'impatto di 6o mila collegamenti (Alcatel Lucent sta studiando qualcosa del genere grazie alla virtualizzazione dei router) vi permette di caricare subito su Twitter, tramite Vine, il video... tutti lo possono potenzialmente guardare. Benissimo, fantastico. Peccato che quelli siano i secondi cruciali anche per chi gestisce la partita dei diritti tv del calcio della serie A. Vuoi vedere che, dopo aver colpito banche, musica ed editoria, i social media destabilizzeranno anche il business del calcio?
Secondo la società specializzata Know The Fan, i su 2 appassionati di calcio in Italia guarda i contenuti sportivi sullo smartphone e il 67% dei fan consuma eventi sportivi online. La Lega Calcio ha ben presente il problema e ha riunito i responsabili dei club per tentare di arginare il fenomeno: almeno i calciatori non carichino più video visto che anche gli spogliatoi sono oggetto di diritti. Alcune squadre hanno iniziato a tenere dei corsi ai calciatori su cosa dire dai propri profili: parlare dai social è un po' come rilasciare interviste (altro prezioso materiale). Ma cosa dire al tifoso digitale che come Vittorio Gassman ne «I Mostri» lascerebbe la famiglia pur di correre a gridare «forza luupiü»? Da una parte i club devono forzarli a condividere per far crescere il prezioso «engagement». Secondo Blogmeter che ha misurato la somma di like, commenti, condivisioni e post tra il 1 agosto e lo scorso 3o settembre, le più attive sono la Juventus (7 milioni di interazioni), seguita da Roma (6) e Inter (5,5). Ma troppa condivisione potrebbe far perdere il controllo sui contenuti. Il tifoso, in definitiva, potrebbe dire: io t'ho fatto. E io, con un clic, ti distruggo.