07/01/2015 08:20
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Ci vuole tanta memoria per ricordare la storia dei presidenti di serie A. Sui «Giochi» di Enrico Preziosi la letteratura è vasta, delle vicende finite nel mirino dei magistrati riguardanti la famiglia Pozzo si è scritto meno. Nel Paese dei distratti e degli smemorati, allora, non deve stupire che i protagonisti del decadente calcio italiano si sentano in diritto di dare lezioni di etica. A Genova, in una partita in cui l’arbitro Mazzoleni e i suoi assistenti hanno individuato tutte le decisioni importanti, è stato il presidente Preziosi ad accostare la Roma a «Mafia Capitale» con una chiara allusione rimangiata il giorno dopo per non incappare nell’ennesimo deferimento. Ieri è arrivato il turno di Gianpaolo Pozzo, che reclama per un gol valido e un rigore dubbio non assegnato all’Udinese.
«Garcia è già da un mesetto - l’accusa - che martella contro gli arbitri e comincia a raccogliere risultati. Non facciamo le cose all'italiana, non facciamo i furbi. Mi ricordo Sensi che voleva il doppio designatore, sempre ad andare a cercare qualche trucco... ». Il suo ex collega defunto non può rispondergli. Ma la storia dei Pozzo è accessibile a tutti. È in corso l’inchiesta avviata dalla Procura di Udine a carico di Franco Soldati, il presidente dell’Udinese visto che quel ruolo il patron Gianpaolo lo ha lasciato nel 1991, a seguito dell’inibizione per 5 anni più penalizzazione di 4 punti della squadra per una telefonata «galeotta» dello stesso Pozzo all’allora presidente laziale Calleri. Secondo i pm il club bianconero sarebbe responsabile di un’evasione fiscale stimata in un paio di milioni di euro l’anno dal 2010 al 2014, con emissione di fatture false a fronte di compravendite di giocatori di calcio fittizie.
È noto che i Pozzo abbiano spostato il loro impero nel paradiso fiscale del Lussemburgo. A seguito di altri problemi col fisco - Gianpaolo e figlio accusati nel 1998 di falso in bilancio e frodi fiscali per circa 60 miliardi di lire, poi tutto risolto con un patteggiamento - è stato costituita in Lussemburgo la finanziaria Gesapar Holding, nuova controllante dell'Udinese con il 98.34% delle azioni. Ora il sospetto della magistratura è che la complessa struttura societaria sia stata messa in piedi per evadere le tasse. Di omessa dichiarazione dei redditi sono chiamati invece a rispondere personalmente Gianpaolo Pozzo e sua moglie Giuliana, entrambi iscritti all’Anagrafe italiani residenti all’estero. Per entrambi, l’ipotesi di reato è quella richiamata all’articolo 5 del Decreto legislativo 74/2000, che punisce chi non presenta la dichiarazione. Vanno poi chiarite le ingenti spese dell’Udinese per la sua attività di «scouting» dei giocatori e la reale attività delle società collegate al club che hanno emesso le fatture sospette.
Va ricordato, inoltre, che nel 2003 il figlio del patron, Gino Pozzo, fu indagato con un altro dipendente per ricettazione e falsificazioni dei passaporti di alcuni calciatori portoghesi: in quel caso è intervenuta la prescrizione. La Roma ha preferito non rispondere ieri alla sfuriata di Gianpaolo. Sabatini si è limitato a sottolineare che «sul gol non ci sono grandissimi dubbi, Emanuelson ha preso il pallone. Ma capisco che dall’altra parte ci può essere qualche dubbio». Immancabile la stoccata di Marotta: «Garcia parla sempre di Juve-Roma ma dimentica che nelle ultime settimane ci sono stati episodi a suo favore». Questo è il calcio italiano.