25/01/2015 11:16
LA REPUBBLICA (E. SISTI) - In una delle settimane più tese vissute dalla Roma di Garcia, fra malumori, polemiche, tifosi, Empoli, fantamercato, voglia di reagire mista al sospetto che tutta questa voglia non sia poi così condivisa, s’è capito che il panorama è mutato, si è impoverito. Prima c’erano la Juventus, la Champions, lo scudetto («vinceremo noi»), prima si facevano calcoli supponendo che chi diceva «la Roma è la squadra da battere» avesse ragione. Ora l’ambiente si è scollato, vittima della delusione, e anche un po’ stufato. Ora si sostiene per amore, non con la ragione. Si applaude mosci. In campo la squadra non è abbastanza gruppo: «No, siamo motivati e c’è grande intesa nello spogliatoio», prova a dissentire Garcia bersagliato dai dubbi della piazza, come se i suoi non bastassero: «E se mi danno dell’italiano lo considero un complimento». La Roma è sul crinale: se stasera la Juventus dovesse salire a +7 o +8, il campionato sarebbe probabilmente finito, venti giorni do po rispetto all’ultima stagione (la Juventus andò a +8 il 6 gennaio), ma anche con molta meno qualità, densità, compattezza, carattere, continuità. I precedenti sostantivi sono il magazzino più importante per una squadra di vertice. Di quel magazzino la Roma non si sta servendo. Facendolo potrebbe battere la Fiorentina e rilanciarsi. Solo così. «È il test che ci voleva», prosegue Garcia che ammette «una dose eccessiva di pareggi», frutto a volte dello “sciapo giallorosso”, a volte della generosità avversaria, a volte di un’incomprensibile eppure evidente incapacità (limiti fisici, deconcentrazione) a pretendere di più, dalla partita e da se stessi. La Fiorentina ha un centrocampo folto, la Roma ogni tanto lo svuota, i viola hanno Cuadrado, la Roma non ha Gervinho. La Roma ha più qualità, la Fiorentina meno ansie. Garcia potrebbe preferire giocare di rimessa (se ci fosse l’epifania laica del vero Iturbe, ammesso che esista). Montella teme l’orgoglio romanista. Mescoliamo e vediamo cosa esce.