«Io, minacciato dalla mafia. Totti mi ha ridato il sorriso»

16/01/2015 09:28

GASPORT (M. NICITA) - Era il 28 marzo 2013 quando la storia di Gianluca Maria Calì, imprenditore palermitano minacciato dalla mafia, finiva sotto i riflettori per una fotocopertina: gli regala in segno di solidarietà la sua maglia della Roma. «Io non sono un gran tifoso di calcio, ma quel gesto è stato molto importante per me e non lo dimentico. Qualche giorno prima “Striscia la notizia” si era occupata del mio caso, ma i riscontri che ho avuto dopo quella foto non hanno paragoni. L’impatto mediatico del calcio e dei suoi campioni è fortissimo».

Allora però a Palermo qualcuno ci restò male.
«Alla vigilia di quell’incontro i giornalisti mi chiedevano se ci sarebbe stato un rappresentante del Palermo. Girai la domanda al club, ma dall’ufficio stampa mi dissero che il capitano non ne sapeva niente. Meglio così, quel capitano era Fabrizio Miccoli, del quale sono rimaste famose le sue frasi intercettate con mafiosi, con tanto di insulti a Falcone. Poi si è scusato, ma certe cose se le dici... Bravo Zamparini a non rinnovargli il contratto e a mandarlo via».

Conosce Zamparini?
«No. E mi piacerebbe incontrarlo. La sua gestione del club è stata sempre pulita, niente a che vedere con quelle passate conniventi con quei gruppi di ultrà in curva dove è stato dimostrato ci fossero infiltrazioni mafiose. Il presidente ha saputo mettere dei paletti. Vorrei parlare con lui di alcune idee».

Tipo?
«Bisogna sfruttare meglio la popolarità del pallone. “Diamo insieme un calcio alla mafia” deve diventare uno slogan che va oltre la fede per una maglia. Bisogna condividerlo perché il fenomeno purtroppo è internazionale. E poi da siciliano orgoglioso ricordo che gli ultimi dati emersi sottolineano la presenza di circa 5 mila affiliati ai clan nell’isola, contro oltre 5 milioni di persone per bene. Una minoranza infima. Sono i mafiosi a dover avere paura perché il loro futuro è segnato: finiranno tutti in galera e potranno vedere i loro figli solo attraverso un vetro blindato. Vincerà il Paese di Falcone e Borsellino che non sono due eroi, ma siciliani onesti e grandi professionisti. Questo dobbiamo far capire ai nostri figli».

Lei ha denunciato e fatto arrestare chi le ha chiesto il pizzo, ma le minacce continuano e ha un nuovo nemico da combattere.
«L’ultima battaglia legale mi sta costando tanto economicamente. Avevo acquistato a un’asta giudiziaria una villa ad Altavilla Milicia che era stata di proprietà del boss Michele Greco, volevo tramutarla in bed&breakfast proprio per dare un segnale forte nella mia Terra. Ma sono arrivati due Forestali, poi finiti sotto inchiesta, verbalizzando che la costruzione è abusiva. Ma è lì dal 1965! Ora lo stesso Stato che me l’ha venduta mi chiede con un altro provvedimento di abbatterla. Uno dei dogmi della mafia è: quello che è mio non può essere di altri. Inaccettabile in un Paese civile: spero ancora di vincere questa battaglia. Ma quello che mi disorienta e non capire se devo difendermi anche da alcuni apparati dello Stato».

Intanto ha spostato alcune sue attività a Milano, dove vive.
«Sì. Ma il problema è comune. Un esempio? Le ultime indagini della Procura hanno evidenziato oltre 500 reati accertati a opera della ‘ndrangheta. Nessuno però ha denunciato qualcosa. Indifferenza e omertà rispetto a questi fenomeni criminali vanno combattuti ovunque».

Gianluca, domani sarà al Barbera?
«Sì. Spero di assistere a un bello spettacolo. Difendo tutto quello che è siciliano, però scelgo anche chi mi è stato più vicino, come e la Roma. Tra l’altro il 5 ottobre 2013, nel giorno dei miei 40 anni, in Inter-Roma 0-3 Francesco segnò un gol stupendo, uno dei tanti, ed è come se me lo avesse dedicato».