16/01/2015 08:25
GASPORT (A. PUGLIESE) - «Palermo è stata la mia utopia, speravo di portarlo in Champions League tramite un calcio diverso, un laboratorio permanente. Ci siamo quasi riusciti, se non fosse stato per colpa della Roma». Già, quella Roma che in questi giorni sta provando a sistemare e che sogna di portare allo scudetto. Uno strada che potrebbe avere uno snodo importante già domani, quando la squadra di Garcia si recherà dove l’utopia di Sabatini non si è realizzata. A Palermo, del resto, il d.s. giallorosso è rimasto due anni e mezzo (dall’estate 2008 al dicembre 2010), cercando di costruire davvero un laboratorio calcistico: trasformare giovani talenti in futuri campioni, fluttuando tra le falde dell’Europa che conta e quella di riserva. In parte Sabatini ci riuscì davvero (e lì dei «suoi» giocatori ci sono ancora Morganella e Muñoz), se non fosse stato proprio per colpa della Roma...
I COLPI ROSANERO Già, perché il suo Palermo nel 2010 arrivò davvero ad un soffio dalla Champions (all’epoca ci andava anche la quarta), chiudendo a due lunghezze dalla Sampdoria di Del Neri, che a fine aprile vinse all’Olimpico in rimonta (1-2) spazzando i sogni scudetto della Roma. «Facevo un tifo vergognoso per i giallorossi, anche con il pareggio saremmo passati per differenza reti — ha detto lo stesso Sabatini — Palermo è stata una sfida, a qualcuno sembrava una diminutio». Non a Zamparini, con cui costruì una squadra capace di arrivare anche ad un soffio dalla Coppa Italia (finale persa con l’Inter, maggio 2010). Una squadra che prima di Sabatini aveva 4 campioni del mondo (Zaccardo, Barone, Barzagli e Grosso) e dopo di lui fu pian piano smantellata. In mezzo, nel laboratorio calcistico di Sabatini, ci finirono uno dietro l’altro Bovo, Kjaer, Nocerino, Sirigu (riportato a casa), Ilicic, Pinilla, Hernandez e la ciliegina sulla torta, Javier Pastore, preso a 6 milioni di euro e venduto a 43 al Psg. «Portarlo a Palermo fu una battaglia lunghissima, convinsi la madre che solo lì poteva mostrare il suo talento. Javier illumina le partite, ha colpi non replicabili, anche se non ha ancora fatto tutto quello che può fare». E forse è anche per questo che ci è rimasto male quando un giorno, in aeroporto, gli persero la valigia. Dentro c’era anche l’autobiografia di Pastore.
VIA JEDVAJ Se Zampagna è stato il suo primo «colpetto» (lo scoprì al Pontevecchio, lo portò alla Triestina in C-2), Pastore è stata la fortuna di Sabatini, la scia mediatica che gli ha messo le ali, consegnandogli la Roma. Prima di lui, alla Lazio, aveva già scoperto Kolarov, Behrami e Lichtsteiner, poi — in giallorosso — i suoi colpi migliori sono stati Lamela e Marquinhos. E le loro cessioni. L’uomo delle plusvalenze, insomma, anche se poi al d.s. giallorosso piace essere ricordato anche per risultati, progetti, squadre. Il mercato, però, per lui è come l’ossigeno. Deve vedere, valutare, vendere e comprare. Esattamente come sta provando a fare anche in questi giorni per la Roma del futuro. Oggi Sabatini deve piazzare Borriello («Trattative, accordi, buonuscite... Cado dalle nuvole», ha twittato il giocatore, verso il ritorno al Genoa), ha chiuso la cessione di Jedvaj al Bayer Leverkusen (8 milioni di euro, 6-700 mila andranno alla Dinamo Zagabria) e ha aggiunto altri nomi al taccuino: Carlos Bacca, attaccante del Siviglia, ma soprattutto Mohamed Salah, fantasista egiziano del Chelsea che i giallorossi vogliono in prestito con diritto di riscatto. Anche se il sogno è proprio Paulo Dybala, l’uomo d’oro dei rosanero. Probabilmente resterà tale, visto il prezzo già fatto da Zamparini. Sempre però che l’utopia stavolta non si trasformi in qualcosa di diverso