Parla Tavecchio: "Così cambio il calcio"

21/02/2015 13:02

QUOTIDIANO NAZIONALE (A. FIESOLI) - Presidente Tavecchio, parte oggi da Firenze la campagna antirazzismo della federazione. E' anche una risposta alla polemica che l'ha riguardata e al caso Sacchi di questi giorni?
«Per quanto mi riguarda, più che le parole contano i fatti. In Africa ho aperto due ospedali e una società che ha insegnato agli africani come conservare i pomodori. E guardate che è una cosa importante. Ho tre figli adottivi di origine africana. La mia è stata una scivolata in un momento particolare. La nostra iniziativa antirazzismo e a favore dell'integrazione è un progetto dedicato ai giovani, e che riguarderà venti regioni e i ragazzi delle nostre scuole calcio, con testimonial come Fiona May, Seedorf, Babacar, e altri».

E sul caso Sacchi?
«No comment, ho già dato su questo argomento».

Senta presidente, per restare a lei. Farebbe comprare di nuovo il suo libro alla federazione?
«Sì, lo rifarei. E sapete perché? Tutti i giorni scrivo per la federazione, nel senso che firmo comunicati e li metto in rete, e il mio libro, anzi la mia favola per raccontare il calcio, in pratica è un comunicato per i bambini. E poi ogni anno la federazione regala sotto Natale cappellini, ciondoli, penne, cravatte. In questo caso, con cinque euro abbiamo dato un libro, su cui non ho preso neanche un euro. Se poi è stato inopportuno, posso anche condividerlo, ma la sostanza è quella che ho appena detto».

La vicenda del Parma. Come andrà a finire?
«La situazione è molto complicata. Molto. Prima di tutto, la partita con l'Udinese l'ho fatta rinviare, piuttosto che farla giocare a porte chiuse. E' un bel problema. Ne ho parlato con Pizzarotti e con Beretta. I nostri legali hanno incontrato i giocatori. E' una questione più da tribunale che sportiva. Stanno cercando di evitare il fallimento».

Sono mancati i controlli.
«Abbiamo la Covisoc, cercheremo di guardarci dentro. Nel prossimo consiglio federale presenterò un'informativa sulle nuove garanzie che chiederemo alle società al momento dell'iscrizione».

A proposito di soldi e bilanci, il campionato è sempre più dipendente dai diritti televisivi. Che cosa prova quando sente dire che il vero padrone del calcio italiano è Bogarelli il signor Infront, l'advisor della Lega e della federazione, l'uomo che tiene la cassa del calcio?
«Di altri soldi, in cassa, non ce ne sono. Rispondo così: in Premier League i milioni sono arabi, russi, mediorientali, e continueranno a scorrere fino a quando reggerà il petrolio. In Spagna, e non solo, ci sono grandi club molto indebitati. E il costo dei calciatori è elevatissimo. E' l'amoralità di un sistema in un mercato liberista. La situazione è questa».

L'amoralità?
«Non è stata l'Inter a dare dieci milioni a Eto'o, due anni fa. Un sistema amorale, nelle dimensioni economiche, come il football Usa, il golf, la Formula Uno, nè più nè meno».

Il fair play di Platini non funziona?
«Il nostro sarà diverso, più efficace, più equilibrato».

E la dipendenza economica dalle televisioni?
«Lo sapete quanto incassa ogni anno il Real Madrid dalla commercializzazione delle magliette? Duecento milioni. Ogni loro casacca costa 140 euro, da noi non c'è la protezione del marchio, ma un mercato dei falsi devastante».

E i nuovi stadi?
«Li faccia solo chi può permetterseli. Non devono diventare contenitori commerciali. A meno che non ci sia di mezzo una speculazione edilizia, e lo dico da ex sindaco».

I capitali stranieri stanno entrando anche nel calcio italiano. Che cosa ne pensa?
«E' tutto il sistema paese che sta cercando di attrarre investitori, niente da censurare se succede anche nel pallone».

Come vorrebbe riformare il calcio, considerati i problemi?
«Dobbiamo ridurre il numero dei club professionistici. Ora sono oltre cento, il massimo in Europa. In modo non traumatico, considerato che siamo il paese dei campanili, bisogna tornare a una serie A a 18, oa 16 squadre. E a una B a 20, o a 18. Anche perché la struttura attuale dei campionati è figlia delle sentenze dei Tar, e non dei meriti sportivi».

Al tavolo delle riforme non ci sarà più Lotito, almeno come consigliere federale. Ha preso le distanze dal suo grande elettore.
«I grandi elettori finiscono di essere tali nel momento in cui si è eletti. Poi i rapporti diventano di collaborazione. Ho sentito Lotito al telefono, devo dire che l'ha presa meglio del previsto».

Per tornare ai giocatori stranieri: in questo campionato sono diventati la maggioranza.
«Sui giocatori comunitari non c'è niente da dire nè da fare, dal momento che la specificità del calcio non è stata riconosciuta, a suo tempo, dai trattati europei. Sugli extracomunitari, invece, stiamo intervenendo. Prima venivano venduti a peso, ora basta con questi sistemi».

Si riferisce alla riforma sulle rose della serie A.
«Certo, con rose ridotte a 25 giocatori, il curriculum sportivo adeguato per gli extracomunitari, con un progetto di inserimento anche sociale che preveda l'insegnamento della lingua e quattro anni di scuola».

Giocatori e allenatori si sono opposti, anche per quanto riguarda l'apertura al terzo extracomunitario.
«Sono contrari alla riduzione delle rose a 25, e sul terzo extracomunitario non prevedo problemi, dal momento che introdurremo un fair play finanziario rigoroso, con parametri più rigidi, e molti club non potranno permetterselo».

Argomento : che voto darebbe fin qui al suo ct?
«Buono, con cinque vittorie e un pareggio in sei partite, fate voi. Firmerei subito per continuare così».

resta, ne è sicuro?
«Non scherziamo. prende quattro milioni di euro, lo sapete che cosa può voler dire rescindere un contratto del genere con noi e con la Puma? E poi lo ha detto anche al festival di Sanremo, che non si muove. Nessun timore legato a un'offerta ipotetica del Psg o cose del genere. Anzi, spero di potergli rinnovare il contratto».

Tutto deciso per l'introduzione dell'occhio di falco, della tecnologia per i gol non gol?
«Sì, costi a carico delle società, fra i 200 e i 280 mila euro a club».

Per chi voterà l'Italia nelle prossime elezioni del presidente della Fifa?
«Avremmo appoggiato Platini, ma non si candida, e non so perché. Valuteremo. Per ora la dico così: andare a votare sapendo di perdere, è dura».