Roma, cronaca di una crisi non annunciata

02/02/2015 08:22

IL TEMPO (A. AUSTINI) -  Maledetta sfortuna, canta . Che di motivi per accusare il fato ne ha parecchi, ma un’analisi onesta dei problemi della sua seconda Roma deve comprendere molto altro. Partire per vincere lo scudetto e ritrovarsi sei mesi dopo a difendere il secondo posto. Una crisi che va ben al di là dei sette punti di distanza dalla capolista, rimasti invariati dopo la frenata di Pogba e soci a Udine. Sette sono anche i punti in meno rispetto alla passata stagione dopo 21 partite, mentre il margine di vantaggio sul si è ridotto a quattro: meglio guardarsi indietro, per il momento.

I risultati di oggi sono frutto di una serie di errori/incidenti/scelte più o meno obbligate che si sommano dall’estate. L’unica cessione di un titolare, , unita allo stop imprevedibile di (e qui c’entra solo la sfortuna) ha avuto l’effetto di smontare il muro difensivo, l’arma principale di l’anno scorso. È una colpa, invece, aver sottovalutato la possibile flessione di altri due pilastri in là con gli anni come e (a cui è stato rinnovato il contratto), che si è puntualmente verificata. Ma non si fida ancora di Skorupski mentre considera solo un’utile riserva. Per la fascia sinistra sono arrivati tre giocatori, di cui solo uno, Holebas, all’altezza della Roma: Cole è sembrato sin dall’inizio una copia sbiadita dell’ottimo terzino ammirato in Inghilterra, Emanuelson non è mai stato preso in considerazione dall’allenatore. E tra i centrali l’unica certezza è .

A centrocampo si puntava sul rientro di : anche in questo caso la sfiga ci ha visto benissimo, ma che qualcosa sia andato storto nel lungo percorso tra operazione, riabilitazione e reintegro in squadra è molto più di un sospetto. Se è una piacevole conferma, è il simbolo della Roma sparita: a parte due punizioni-capolavoro e qualche rara prestazione convincente, il rendimento di quest’anno non è all’altezza della sua classe e valutazione. e potevano tornare utili nelle rotazioni, invece preferisce affidarsi sempre ai più esperti finendo per stremarli: sta forzando il suo fisico oltre i limiti dell’età, è alla seconda ricaduta di un infortunio muscolare, lui che in carriera non si è fermato quasi mai.

L’attacco è quanto mai Gervinho-dipendente: non è un caso che gli ultimi quattro pareggi di fila siano concisi con la sua assenza per la Coppa d’Africa. fa fin troppo per essere un 38enne, è il capocannoniere ma vive di continui alti e bassi, ha sofferto l’etichetta di «acquisto da scudetto». L’impegno non è mai mancato, la sfortuna neppure: quello di sabato è il suo terzo infortunio stagionale. , invece, si è trasformato ben presto da risorsa in problema, costringendo la società a «regalarlo» al Milan sperando si rivaluti e porti soldi in cassa la prossima estate. Il suo sostituto, Doumbia, è in Africa con Gervinho e dovrà dimostrare di essere adatto a un calcio a lui sconosciuto. Pagato 16 milioni, le aspettative saranno altissime. Come per , che arriva con la fama di uno incisivo una partita ogni tre: ma a Trigoria sono convinti possa ricalcare la parabola di . Altrimenti non avrebbero investito altri 15 milioni su di lui.

C’è bisogno di forze fresche perché la Roma non vince e non si diverte più. Eppure sulla carta resta in corsa su tre fronti. Secondo è solo sfortuna, ma è il suo modo di difendere all’esterno il gruppo. «Dobbiamo dare tutti di più» ha detto ieri alla squadra. Al di là delle dichiarazioni poco convincenti, compreso quel «vinceremo lo scudetto» pronunciato dopo il ko di Torino che ora suona come sparata incauta, il tecnico non riesce a trovare la formula giusta per cambiare marcia: cambiati già quattro moduli, ma sono le gambe a non girare e, di conseguenza, viene meno la lucidità. Il rapporto difficile tra la squadra e il nuovo portato da Rudi è noto (quasi venti gli stop muscolari), così come la lotta intestina con i medici. E quando i risultati non ti aiutano, tutti i nodi vengono al pettine.