26/02/2015 08:43
GASPORT (M. CECCHINI) - Quel 29 giugno di 15 anni fa, per noi italiani banalmente innamorati di calcio, l’Olanda finì di essere associata solo a tulipani, mulini a vento, quadri di Van Gogh e ragazze in vetrina. A mettere le posate in tavola ci pensò lui, Francesco Totti, apparecchiando un «cucchiaio» su rigore che fece piangere Amsterdam. Tre giorni dopo, però, le lacrime furono tutte azzurre, visto che - contro la Francia di Trezeguet - scoprimmo di saper perdere un Europeo che sembrava già vinto. Lo stadio era proprio quello di Rotterdam, in cui il capitano della Roma rientra guardandosi intorno come alla ricerca del proprio tempo perduto. «Mentre venivo qui – racconta – ho ripensato a quella partita. Non fu una bella giornata e non è un bel ricordo, anche se giocare una finale fa sempre piacere. Spero che stavolta contro il Feyenoord vada diversamente, perché abbiamo il fiato sul collo dei tifosi e dei media. Vincendo qui, potrebbe essere la svolta della stagione: passeremmo il turno, acquisteremmo fiducia e affronteremmo la Juve in modo diverso. Voi direte: basta una partita? Sì, proprio così. Perciò questo match può condizionare tutto l’anno. Certo, dovendo scegliere, preferirei più battere il Feyenoord che la Juve, ma se vinco domani, vinco pure lunedì: ne sono sicuro». E a chi gli ricorda che, dopo aver perso qui, vinse lo scudetto 2001, replica scherzando: «Se è così, allora preferisco perdere, però me lo dovete far firmare col sangue che poi succede ancora... Comunque niente “se”: siamo venuti qui per vincere». Vero, ma per farlo occorre fare gol, e ancora una volta in prima fila c’è lui. «Una chiacchiera che gira per Roma dice che finché ci sto io non ci sarà un altro centravanti. Ma se arrivasse un altro Batistuta, lo accetterei volentieri! Le scelte comunque le fa l’allenatore: se mi fa giocare significa che me lo merito. E chiunque arriverà, lo accetterò. Il malumore di domenica al cambio? Stavo bene, non volevo uscire perché aspettavo l’angolo: mi sentivo un po’ Toni e volevo fare gol di testa... Decide Garcia e non c’è nessun problema, né ci sarà mai. Nessun caso».
COME LA GRECIA - Il caso invece esiste quando il tifo sconfina nel vandalismo, come è successo a Roma. «Immagini bruttissime. I colpevoli delle devastazioni non sono tifosi, sono degli incivili. Per fatti del genere bisognerebbe sospendere il campionato come hanno fatto in Grecia, e poi multare o fermare le società di chi combina casini. ma purtroppo in Italia non succederà mai». E il lucido cucchiaio finale, stavolta, ha il sapore amaro della ragion di stato.