26/02/2015 08:40
IL MESSAGGERO (U. TRANI) - «Vinciamo con il Feyenoord e basta. Senza se e senza ma. A me i se non piacciono». Meno male che il sorriso di Totti non tramonta mai. Nemmeno qui, a Rotterdam, dove l'umidità, la pioggia e il vento farebbero passare a chiunque la voglia anche di parlare. Non a lui. La carica allegra e sana del capitano accende la Roma grigia e spaesata di questi tempi che è snobbata pure dal presidente Pallotta, a Roma a ricevere i membri americani del cda e dedicarsi a impegni istituzionali che reputa più importanti del ritorno dei sedicesimi di Europa League. Garcia è catturato da Francesco. Che qui torna dove ha perso l'Europeo nel luglio 2000 contro la Francia al golden gol. Ma poi conquistò il suo unico scudetto. «Allora perdo, così batto la Juve. No, cominciamo con questa qualificazione. Vinciamo qui e all'Olimpico». Sì, al de Kuip. Il 2 luglio l'Italia, avanti con Delvecchio, fu raggiunta al 93° da Wiltord e finita, sudden death, dal bianconero Trezeguet. «Stavolta spero solo di uscire dal campo con un risultato diverso». «Questa è la gara che può cambiare la nostra stagione» ammette Totti. «Vincere e passare il turno ci permetterebbe di dare un senso alla nostra annata, di ritrovare la fiducia e di affrontare la Juve in modo diverso».
«VORREI BATIGOL» - Francesco non abdica. «C’è un detto che gira per Roma, secondo il quale finché ci sono io non ci sarà un altro centravanti. Magari arrivasse un altro Batistuta. Lo accoglierei volentieri. Io mi alleno al massimo per mettere l’allenatore in difficoltà. E se mi fa giocare vuol dire che me lo merito». Garcia si diverte. E Francesco racconta l'ultima sostituzione sgradita di Verona: «Stavo bene. In quel momento, mi sentivo un po’ Toni e volevo fare gol di testa sul corner, qualche volta mi è successo... Nessun caso».