25/03/2015 09:44
CORSERA (F. BUFI) - Che cosa resta di Calciopoli dopo il pronunciamento della Cassazione che l’altra notte ha rigettato i ricorsi di quasi tutti gli imputati dichiarando prescritti i reati per i quali Luciano Moggi, Antonio Giraudo e altri erano stati condannati in primo e secondo grado? Sicuramente le polemiche, che sono state una costante di questa vicenda sin dal suo avvio nella primavera del 2006. Ma non soltanto quelle. Perché se per capire fino in fondo lo spirito della sentenza emessa dalla terza sezione penale della Suprema corte bisognerà attendere il deposito delle motivazioni, ci sono alcuni punti chiari sin da subito.
Il primo è che gli unici assolti tra quanti erano arrivati fino al terzo grado di giudizio, sono gli ex arbitri Paolo Bertini e Antonio Dattilo, i cui ricorsi sono stati accolti dal presidente Aldo Fiale, così come aveva del resto richiesto anche il rappresentante dell’accusa, il procuratore generale Gabriele Mazziotta. Bertini e Dattilo avevano rinunciato alla prescrizione, quindi se i loro ricorsi fossero stati respinti sarebbero stati condannati in via definitiva. Esattamente quello che è accaduto a un altro ex arbitro, Massimo De Santis, che pure aveva rinunciato alla prescrizione e però si è visto confermare la condanna. Ed è proprio il caso di De Santis che riporta a Luciano Moggi e la dice lunga su come l’avvenuta prescrizione, e quindi l’estinzione del reato, non debba trarre in inganno e indurre a considerare innocente l’ex direttore generale della Juventus. Con la sentenza dell’altra notte De Santis è stato condannato in via definitiva per associazione per delinquere, e questo significa che la Cassazione ha riconosciuto l’esistenza di una organizzazione — all’epoca dell’inchiesta fu mediaticamente battezzata la «cupola del calcio» — che agì illegalmente pilotando per i propri interessi (che coincidevano principalmente con quelli della Juventus) l’andamento del campionato di serie A nella stagione 2004-2005. E poiché una organizzazione non può avere un solo componente, e del resto l’ associazione per delinquere prevede per definizione la partecipazione di più persone, è evidente che De Santis quel reato lo ha compiuto insieme con altri.
E con chi se non con Luciano Moggi, che di quell’associazione per delinquere è stato ritenuto, con condanne in primo e secondo grado, il capo e il promotore? È quindi evidente sin da ora che la Cassazione non ha contraddetto nel merito quanto stabilito dai due gradi di giudizio che l’hanno preceduta, e se Moggi da ieri non è un pregiudicato, lo deve alla prescrizione e non ad altro. Che poi i tifosi bianconeri pretendano di essere risarciti e perciò si scatenano sui social network chiedendo la restituzione degli scudetti come diretta conseguenza del pronunciamento della Cassazione («Rivogliamo i titoli oppure i soldi persi») ci può anche stare, perché la fede calcistica fa dire di tutto, e poi le polemiche mediatiche hanno sempre rappresentato una specie di filone parallelo di questa vicenda. Ma la vera questione dei risarcimenti è un’altra, e certo non fa gioire gli ex imputati di Calciopoli, perché la prescrizione non li mette al riparo dall’obbligo di pagare quanto stabilito dalle sentenze emesse prima che si arrivasse in Cassazione.