13/03/2015 09:47
LA REPUBBLICA (E. SISTI) - La Fiorentina ha buttato nel secchio una partita quasi vinta e mediamente dominata, dove ha corso più e meglio della Roma, esibendo giocatori in buona serata, soprattutto Ilicic e Badelj, un centrocampo folto e organizzato e degli esterni di centrocampo pronti a moltiplicare il colore viola per almeno un’ora. Eppure non è bastato. A un certo punto della ripresa la squadra di Montella, senza il consenso del tecnico si presume, ha lasciato che la Roma salisse in cattedra pur non avendo un vero progetto- La Roma ha avuto il merito di non smettere mai di crederci. Anche dopo il rigore fallito da Ljajic (che poteva sfondarla psicologicamente) ha continuato a spingere, a muoversi con i mezzi che ha attualmente a disposizione, non tantissimi, com’è noto, e alla fine ha portato a casa un pareggio fondamentale per l’umore e per la qualificazione, lasciando la Fiorentina a interrogarsi su come sia stato possibile, nella prima mezzora, quando il divario in campo si poteva toccare con mano, non segnare almeno un’altra rete.
I giallorossi, frenati inizialmente da un impresentabile De Rossi, si sono mossi con spensieratezza, efficacia e tonicità soltanto nella parte finale, un po’ come contro la Juve in 10, esaltati dal pareggio raggiunto e motivati dalla paura che potevano leggere chiaramente negli occhi degli avversari, sempre più agitati e stanchi. Adesso il ritorno è nelle mani della Roma. Dopo il veramente insulso inno dell’Europa League, scritto dal francese Zveig, la Fiorentina si svela: cinque a centrocampo per evitare a tutti i costi di avere un uomo in meno nella zona cruciale. La Fiorentina recupera palla abbastanza agevolmente, fra i piedi della Roma la palla scotta. La sensazione è che fra i giallorossi il solo Ljajic cerchi qualcosa. L’inadeguatezza di De Rossi assume contorni inquietanti quando regala un pallone a Salah, la Roma è sguarnita, non c’è niente per difendere la corsa dell’egiziano, il taglio per Ilicic è pulito, lo sloveno trova l’incrocio dei pali col piede meno amico, il destro (17’). Logico approdo dei primi venti minuti di calcio sbilanciato: una gioca, l’altra guarda e cammina. De Rossi non è in grado di giocare, ha le fibre spente o ammalate, e ne combina un’altra che porta quasi al raddoppio della Fiorentina (20’). L’ex capitan futuro, accusando un male improvviso, una distorsione alla caviglia destra, esce. Lecita qualunque supposizione. Basanta si divora il 2-0 (24’). Piove sulla Roma, è acqua che porta pure disgrazie: si blocca la schiena di Manolas che rantola fuori, un’insaccata alla zona lombare mentre cercava di chiudere su Basanta. La Roma è stordita, perde pezzi e non trova equilibri, la Fiorentina può solo commettere l’errore di allentare la presa o di aprirsi (lo farà nella ripresa). Al 41’ Ljajic offre un tiro a Nainggolan, al 43’ si divora il pareggio dopo una parata di Neto su una bella giocata di Florenzi imbeccato da Pjanic (entrato per De Rossi).
Prima dell’intervallo si fa male anche Pizarro. Ciò che potrebbe davvero rimettere il match in parita è un rigore (contestato) assegnato da Lahoz per fallo di Neto su Iturbe (13’), il caotico Iturbe. Minuti di discussioni inutili perché Neto respinge il tiro di Ljajic. Però la Fiorentina è stanca, tenta giocate difficili, Badelj è stremato e in mezzo a una difesa a tratti troppo alta la Roma rinviene. La carta Gervinho porta bene: appena entrato l’ivoriano Keita salta solissimo in area su corner di Florenzi (32’). È il pareggio che la Roma ha voluto attingendo al cuore aritmico di questi suoi strani giorni, giocando poco ma quanto è bastato. Acido, cattivo, sbilenco pareggio. Ma stavolta è un pareggio utilissimo. E meritato.