LA REPUBBLICA (M. PINCI) - «Dottore, chiami un dottore». Sembra quasi imitare un vecchio sketch del comico Maccio Capatonda, il presidente della Roma James Pallotta. A poche ore da Roma-Juve, la sfida che un girone fa valeva lo scudetto e che oggi rappresenta per i giallorossi l’ultimo treno per non farsi raggiungere dal Napoli, l’americano riduce la distanza tra la sua squadra e i bianconeri a un solo problema, o quasi. «Gli infortuni, ne abbiamo avuti troppi e tutti di lungo corso — dice —
Se la Juventus avesse perso Pirlo o Pogba come noi abbiamo perso Castan o Strootman, oggi la loro posizione sarebbe differente». Quasi scontato pensare subito ai dottori che lavorano a Trigoria. Anche per questo, il numero uno del club è pronto a infittire ulteriormente la presenza statunitense nella sua Roma: Francesco Colautti e Giovanbattista Sisca resteranno,
ma dagli Usa dovrebbe affiancarli una nuova équipe, un paio di medici — uno proviene dai Boston Celtics, in Nba — che seguiranno le vicende dei giallorossi da lontano, supervisionando il lavoro dei colleghi in Italia. Dei tutor a stelle e strisce insomma, questo vuole Pallotta. E i risultati attuali — lo testimonia il numero inquietante di infortuni — gli darebbero anche ragione.
Intanto però serve far parlare il campo. «
Per fare un miracolo bisogna vincere contro la Juve», dice De Rossi. «Un periodo di appannamento ci può stare — riconosce il centrocampista —
ma per quanto siamo forti certe partite le dovevamo vincere comunque. Partite che ci avrebbero portato a un passo dalla vetta. Quest’anno abbiamo avuto una piccola involuzione a livello di gioco, ma la sensazione è che comunque la Juve sia un po’ più umana rispetto al passato. Garcia? Bello si sia romanizzato, più va avanti più vedo che vuol vincere con noi».