24/04/2015 13:32
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Sul Milan soffia forte il vento dell’Est, all’Inter si parla indonesiano da due anni, la Roma americana è realtà dal 2011. Domani a San Siro torna la sfida tra i due club del campionato controllati da proprietà straniere, aspettando a breve il terzo. E, magari, il Bologna made in Usa che spera di risalire dai cadetti. Se una volta giallorossi e nerazzurri si contendevano scudetti e coppe Italia, adesso il tema dominante del confronto riguarda più quello che accade fuori dal campo. Pallotta e Thohir hanno entrambi ereditato società vicine al collasso finanziario e ne scontano tuttora le conseguenze: nei giorni seguenti la partita di San Siro scopriranno come e quanto la Uefa infierirà sui rispettivi bilanci.
È noto che Roma e Inter sono state aggiunte alle società sotto la lente del fair play finanziario imposto dal Platini e, dopo la convocazione dello scorso novembre a Nyon, hanno imboccato la strada del patteggiamento. Tuttora in corso un fitto carteggio tra i dirigenti e l’Uefa, entro il 30 aprile si tireranno le fila e nella prima decina di maggio dovrebbero essere comunicate le decisioni. Né Pallotta né Thohir, a quanto pare, sfuggiranno a sanzioni. La situazione della Roma è meno delicata, pur sforando due parametri imposti dal Financial Fair Play. In primis non ha rispettato il deficit che negli esercizi dal 2011 al 2013 deve obbligatoriamente essere inferiore ai 45 milioni. Era impossibile farlo, visto che gli americani hanno comprato una società in perdita di circa 70 milioni e che nel solo 2011-12 ha registrato un «rosso» di 55 milioni, poi ridotto nei due esercizi successivi a -37 e -35 . Il disavanzo scende a circa 105 milioni complessivi, dopo aver «depurato» i conti grazie ad alcune spese non conteggiate dall’Uefa (quelle per il vivaio ad esempio) ma il reale passivo considerato è di circa 60 milioni grazie all’aumento di capitale da 110 milioni sottoscritto da Pallotta e soci. Insomma la Roma è fuori di una quindicina milioni. La seconda voce non rispettata è il patrimonio netto consolidato (compresa la Soccer Sas proprietaria del marchio) negativo al 30 giugno 2013 per 81 milioni, mentre quello della sola As Roma risulta positivo.
Il Club Financial Control Body dell’Uefa, studiata la situazione e apprezzati gli sforzi del club per rimettersi in riga illustrati da Pallotta a Nyon (nel prossimo biennio sotto esame si può stare sotto di 30 milioni e la Roma conta di chiudere l’esercizio in corso riducendo ancora la perdita per avviarsi poi verso il pareggio di bilancio), avrebbe comunque deciso di applicare un’ammenda, per un valore calcolabile tra 1 e 2 milioni di euro e pagabile in più tranche. Sembrano esclusi limiti alla rosa (come quelli imposti a Manchester City e Psg), mentre è possibile che venga fissato un paletto per il mercato, ovvero una cifra massima consentita di disavanzo tra acquisti e cessioni. Ma non avendo in programma «spese pazze», per la società giallorossa non comporterebbe stravolgimenti nella pianificazione del futuro. Ecco perché si è deciso di patteggiare la sanzione, senza passare per la Camera Arbitrale e l’eventuale ricorso al Tas. Si sperava di cavarsela con un «avvertimento» o un’«ammonizione» (le sanzioni più lievi previste nel regolamento), ma il danno sarà comunque sopportabile.
Molto più delicata la situazione dell’Inter, con perdite nel triennio in esame da oltre 200 milioni di euro. All’inevitabile ammenda l’Uefa aggiungerà probabilmente limiti alla rosa e al mercato, che il club di Thohir dovrà rispettare al primo anno in cui tornerà a giocare le coppe. Non il prossimo, a meno di miracoli. In ogni caso a breve saranno tutte le società a dover regolare i bilanci: il fair play finanziario è stato approvato anche dalla Figc, si attende ora che vengano definiti i confini sanzionatori. Di sicuro non potranno essere più rigidi di quelli europei.